16 agosto 2007

Svezia/4 - Ritorno

Sosta di rito a Jonköping per le foto ai fiori gialli che riempiono campi sterminati e poi via fino a Lund, città tra le più antiche della Svezia, ma stavolta caratterizzata più che altro dalla pioggia battente, passando poi per Granna Visingo, presso un castello che non vedremo mai, a causa di difficoltà nell’interpretare le indicazioni turistiche!
E torniamo a Copenhagen, attraversando e fotografando il ponte sull’ Ørendsund e tornando alla città che ancora una volta è coperta da nubi piovose… Non troviamo un ostello nemmeno a piangere in danese, sarà perché è venerdi, e siamo costretti a prendere una stanza in periferia. L’ufficio del turismo ci da l’indirizzo sbagliato e ci perdiamo; telefoniamo alla signora che gestisce il b&b e ci facciamo fare lo spelling dell’indirizzo corretto: un coacervo di J,Y,V,H e simili, per un totale di una trentina di lettere.
E’ incredibile, ma arriviamo senza intoppi (grazie al navigatore, sia lodato il suo inventore) e la nostra ospite si rivela essere giovane, sulla trentina. Non uno splendore ma… va bene, va bene, bando ai pensieri sconci!
La stanza è carina, grande e completa di tutto, un po’ uno spreco per una sola notte, ma vabbé…
Approfittiamo delle ultime luci del giorno per andare alla Sirenetta nella zona del porto… Incontriamo anche un gruppo di genovesi pronti ad imbarcarsi in una crociera verso S.Pietroburgo e insieme ammiriamo la statua, persa in mezzo a un molo portuale commerciale.
Bella, niente da dire, ma assolutamente non valorizzata… Un degno simbolo di Copenhagen.
Alla fine la mazzata serale: non abbiamo nessun puntelo in Germania, quindi l’ultima tappa è in forse, non sapendo dove andare a dormire.
Decidiamo di fare la tirata.
Copenhagen-Milano con soste dove capita, con escursioni a Frankfurt, Baden Baden, Strasbourg, al lago di Altdorf e poi via via fino a casa, dormendo solo un po’ di straforo in aree di sosta tedesche gestite da autoctoni a volte maleducati, a volte gentilissimi.
E l’arrivo, ormai stravolti.
A volte non conta la destinazione, ma il viaggio.

15 agosto 2007

Svezia/3 Stockholm e dintorni

La prima giornata nella capitale è da antologia, con visita alla città vecchia e tante tante foto. Il palazzo reale è ampio e sobrio, ma non imponente. Idem la cattedrale, idem il palazzo della Borsa, in cui vengono assegnati i premi Nobel… Non vedo mai ricerca di maestosità, solo piazze raccolte, case pulite, vie ordinate ma ugualmente colorate e vivaci. Pulito, ma non asettico alla viennese, vivo, ma no chiassoso alla teutonica, nordico, ma non provinciale alla Copenhagen… mi piace!!!
Ci perdiamo in Gamla Stan per ore… Ci si sta bene, è riposante. E illusi da questo benessere il giorno successivo ci tuffiamo nella parte più moderna: più che una passeggiata, un massacro! Giriamo in lungo e in largo e vediamo decine di scorci fantastici, ma nessuno rivaleggia con Gamla Stan. Optiamo per il grande parco a est, ma rinunciamo alla visita al Vasa, un po’ troppo gettonata e costosa, idem (e a mio parere è stato un errore) ci perdiamo lo Skansen, ma siamo stanchi: è tutto il girono che rimbalziamo da Kungsholmen (il vecchio municipio) a Djurgården passando per la city… e l’idea è che questi giganteschi giardini siano un po’ troppo dispersivi. Ci riposiamo un po’ all’ombra degli alberi, contemplando il volgere al termine di una giornata per noi insolitamente lunga, visti gli orari di alba e tramonto dell’estate svedese.
E arriva il terzo giorno.
Prima però cambiamo camera e abbiamo modo di conoscere i simpatici compagni di stanza della camerata: è una compagnia eterogenea e alla mano, con un signore anziano e solitario ma dalla battuta pronta, madre e figlio colombiani impegnati in un tour da suicidio che in 15 giorni li porterà a visitare parecchie città europee, comprese Parigi e Roma, due simpaticissimi sloveni che tengono banco prendendo in giro gli altri avventori, una deliziosa e giovane ballerina biondissima accompagnata dalla madre, un ragazzo israelianoche ci racconta di come avviene la… circoncisione (brrr…) e altri. Ciliegina sulla torta, un giovane ricercatore torinese trapiantato a Parigi e abile nella giocoleria ci incanta quasi per tutta la sera lanciando le sue palline in aria… e così giocando e scherzando passa la serata.
E arriva, dicevo, il terzo giorno.
Giorno di escursioni: prendiamo l’auto e giriamo i paesi dei dintorni.
Sono carinissimi! Mariefred, piccolo e sperduto, è forse il più bello con le sue casette rosse in legno e il bel castello sul lago. Molto particolare è anche la mini-ferrovia che sembra un giocattolo, ma viene realmente usata per tour dei dintorni, mossa da una pittoresca locomotiva a vapore non più grossa di un’utlitaria.
Dopo le foto di rito è la volta di Strängnäs, paese che accoglie il visitatore presentando un magnifico porticciolo dominato da un mulino a vento; anche qui foto a profusione e pranzettino veloce ai baracchini del porto, gestiti da ragazze simpaticissime.
Visitamo poi la chiesa e abbiamo la confermadi ciò che avevamo già appurato: in tutte le chiese della zona, siano esse di provincia o cattedrali, esistono spazi appositi per far giocare i bambini; nicchie in cui solitamente ti aspetteresti la tal statua o cappelletta ospitano invece tavolini, panche, peluches e giocattoli, il tutto opportunamente posto sotto luminose vetrate. Davvero curioso!
Dopo i paesi dei dintorni è la volta di Uppsala, città più famosa per le università che non per le meraviglie artistiche. Fa eccezione la cattedrale, vertiginosamente gotica con le sue guglie gemelle e la struttura ardita, ma è davvero l’unica cosa degna di nota nella cittadina, non fosse altro per la tomba di Linneo, incastonata nel pavimento e circondata da fiori e piante. Appropriata! Sempre nella catedrale riposa il re Gustav Vasa, in una grande cappella adorna delle scene della sua vita e accompagnato dalle sue tre mogli. Poco discosta dalla cappella, una statua di donna in abito monacale sembra voltarsi a guardare la tomba del re. Il dettaglio e la precisione della statua la fanno sembrare vera. Un personaggio storico? Una ntico amore? Non ho modo di accertarmene.
Più curiosa Gamla Uppsala, la città vecchia distante un paio di chilometri… più che città vecchia sembra il paese delle bambole! Casette pastello piccine divise da viuzze strette e orticelli e quasi nessuno in giro: sembra più un campeggio con bungalow che una cittadina. Ci aggiriamo un po’ tra queste case di bambole per poi decidere di tornare al nostro ostello a Stoccolma.
Ed è giunto purtroppo il giorno della partenza.
Lasciamo Stoccolma con tristezza, considerato quanto sia bella, e partiamo alla volta della Danimarca ricordandoci quanto fosse deludente.
[3- continua]

14 agosto 2007

Svezia/2 Frankfurt-Copenhagen

Il viaggio verso Copenhagen sembra eterno, è infatti la tratta più lunga prevista, ma è fortunatamente spezzata dalla traversata di un braccio di mare via nave; imbarchiamo auto, armi e bagagli e veniamo stipati in un parcheggio galleggiante affollato come l’Ikea al sabato pomeriggio. Decisamente è meglio farsi un giro sul ponte superiore. Affrontato il solito percorso-supermarket per turisti con portafoglio gonfio, decidiamo di affrontare la traversata all’aperto, sferzati dal vento, e così mi ritrovo ad ammirare il panorama dalla balaustra del traghetto sorseggiando un orribile caffè stile Starbuck costato la bellezza di tre (TRE, 3!) euro; non manco di meravigliarmi per il numero di torri eoliche che si scorgono sulla costa, su ambo le coste, ora che sono visibili entrambe, e che già avevo scorto dall’autostrada. Una selva di eliche bianche. Che belle!
Ma è ora di sbarcare! E dopo due lentissime ore di autostrada… Copenhagen.
E Copenhagen sia!
Peccato che non mi sembri poi sto granché… Non so, sembra quasi ammuffita, stantia: ha un’immagine molto provinciale, ma è tutto fuorché viva. Sarà la pioggia, sarà quella baracca di ostello che abbiamo trovato, ma non mi convince; canonico giretto in centro con qualche scorcio per foto interessante e poi a nanna: domani voglio arrivare in Svezia!
La camerata dell’ostello è arredata in modo ingegneristico: letti a castello disposti ad elle in modo da incastrarsi per sfruttare al massimo lo spazio della stanza, letti di legno di quelli che scricchiolano al minimo movimento. Laura trova una nicchia perfetta per appoggiare la sua roba, io mi limito ad abbracciare il mio borsone: la porta d’ingresso è infatti senza serratura.
Tutto sommato si dorme bene e la stanza resta semivuota; ho anche modo di scambiare due chiacchiere con un compagno di camerata napoletano, che condivide la mia visione un tantino ipercritica dell’ostello, ma chi se ne importa! Siamo in partenza per la Svezia!
Ed è passando sull’imponente ponte dell’ Øresund che in svezia si arriva: un gigante di acciaio e cemento, quasi invisibile nella foschia, ma da bocca spalancata quando si passa in mezzo ai piloni; l’Alfa compie il suo centomillesimo chilometro proprio sul ponte, e la Svezia è ora alle porte.
Il panorama cambia in meglio e nonostante una bufera nei pressi di Jonköping rimaniamo incantati nell’osservare le casette rosse e i curiosi prati costellati da fiori giallissimi (denti di leone?) che creano distese a perdita d’occhio.
Ci divertiamo a pronunciare i nomi dei paesi con l’inflessione corretta e, mentre il tempo passa facciamo sosta mangereccia proprio a Jonköping sotto l’acqua battente. E’ una cittadina come tante, in mezzo ad una via di comunicazione principale, ma non manca di incuriosirmi: le case (pur nel consueto stile legno-color-pastello) sembrano non avere fondamenta, quasi fossero prefabbricate.
Laura si ferma all’ H&M (quasi d’obbligo, visto che è una catena svedese) e ne esce con una bella sciarpina dorata: acquisto lungimirante, visto quanto le servirà nei ventosi giorni successivi.
Ed è finalmente l’ora di arrivare a Stockholm! L’impatto non è dei migliori con questi tunnel e svincoli costellati da lavori in corso, persino il Tomtom va in crisi ed è con un certo astio che mollo l’auto nel primo posto che capita (non senza una inversione “sporca” molto in stile milanese) per cercareun benedetto ufficio informazioni che ci dia l’indirizzo di un buon ostello.
Col senno di poi mi viene da ridere: il “primo posto che capita” è il parcheggio del Palazzo Reale e non me ne accorgo fino ad un successivo sguardo attento alla mappa, mentre il “buon ostello” si rivela una favola!
Siamo all’Af Chapman, solitamente un battelo ormeggiato di fronte a Gamla Stan (città vecchia: il centro storico), sull’isola in cui c’è il museo d’arte moderna e altro.
Nel nostro caso il battello non c’era per via di lavori all’approdo, ma un edificio lo sostiutiva egregiamente, consentendomi perfino di parcheggiare proprio di fronte. E non stiamo parlando di un palazzo tra i vicoli, ma di una discreta costruzione immersa nel verde e fronte mare, circondata da prati curatissimi e una atmosfera da campus universitario.
E le stanze! La prima sera una tripla, con finestra direttamente affacciata sul mare e su Gamla Stan, le serate successive in un bel sottotetto architravato adibito a camerata. Curata, pulita (beh, forse un po’ polverosa) con tanto di tavoli e sedie… quasi non vedo l’ora di dormirci.
[2-continua]

13 agosto 2007

Svezia/1 Milano-Frankfurt

E’ difficile iniziare un diario di viaggio quando il viaggio è già cominciato da quattro giorni. Sembrano passati mesi, in realtà, da quando siamo partiti.
Milano-Stoccolma in auto, pazzia?
Forse.
La mia silenziosa compagna di viaggio non stacca gli occhi dalla strada. Servono compagni di percorso con nervi saldi per sopportare gli screzi che inevitabilmente sorgeranno in giorni di convivenza forzata… ce li avremo? Potremo dirlo solo alla fine…
Eppure adesso sono qui, di fronte al palazzo imperiale di Gamla Stan a vedere un tramonto interminabile.
E’ un bel posto, l’ostello è proprio di fronte alla cità vecchia, la si abbraccia con la vista quasi nella sua interezza e tra me e il palazzo imperiale c’è solo uno stretto canale frequentatissimo di battelli di ogni tipo, comprese grosse navi da crociera…
Un momento, un momento, andiamo con ordine e partiamo dall’inizio. Torniamo alla partenza, che come molte altre partenze si concentra nel rito dello Stipaggio del Bagaglio e nel lasciarsi alle spalle le zone conosciute per addentrarsi lentamente verso paesi che si conoscono meno.
E’ Friburgo la nostra prima tappa, quasi a celebrare l’ingresso in Germania lasciandosi alle spalle i Cantoni Federali Extracomunitari altrimenti noti come Elvezia (cfr. De Bello Gallico), caratterizzati da un panorama bello ma anonimo, forse viziato dalla mia idea grigia della Svizzera o da una certa frenesia nel voler andare, vedere, arrivare e lasciarsi indietro.
Friburgo, si diceva.
Avevo già visto questa bella cittadina, ma in una giornata piovosa per una visita di corsa… questa volta è andata meglio: un bel sole ci ha concesso di vederla per bene… Ma cosa c’è qui oggi? Sembra una sorta di ricorrenza religiosa, anche se in realtà si tratta della Festa di Primavera e decine di ragazzini a metà tra boy-scout e chierichetti sfilano in città, dalla piazza del nuovo Rathaus fino alla cattedrale gotica di arenaria rossa , la stessa arenaria di Notre Dame de Strasbourg, che è di fatto a pochi chilometri da qui. Girare la città è anche guardare i curatissimi canaletti di scolo dell’acqua che corrno ai lati di ogni strada, veri fiumiciattoli limpidi, è visitare viuzze curiosamente simili ai carrugi liguri ma investiti dall’ odore di pietanze di ogni tipo, vista la quantità di affollati ristoranti e bistrot stipati in ogni angolo della città vecchia, magari con vista sul fiume, quello vero. Friburgo si gira in un oretta, il tempo di saziarci con un bretzel e di fare foto a scorci caratteristici, e poi siamo di nuovo in auto, alla volta di Frankfurt.
Il Tomtom fa il suo dovere e ci porta al quartiere Höcst dove abita una vecchia amica che ci ospiterà per la notte.
Monica è felice di vederci e si dimostra un’impeccabile guida, oltreché attenta ascoltatrice. Facciamo una puntatina a Francoforte centro (mitten stadt), dove ammiriamo gli avveniristici grattacieli della city, ci stupiamo dei conigli che girano liberi e tranquilli nei parchi all’ombra dei grattacieli e poi ci perdiamo un po’ nella parte storica.. Proprio in quel giorno si tiene una gara podistica e tutto il centro è affolatissimo: non riusciamo praticamente a vedere la piazza centrale, anche se la riscopriremo al ritorno… riusciamo però a svicolare e a perderci un po’ nelle vie più vecchie, semideserte. La città sembra tenere molto al suo patrimonio storico, ma è indubbio che il cuore pulsante è ormai quello moderno, Francoforte vive di futuro.
Lo storico lo troviamo proprio nella frazione di Höcst, in cui ci dilunghiamo nella serata: case in legno multicolori e decorate, un’aria pulita e a volte fiabesca e tanti scorci da fotografare; in conclusione festa di paese con birra e salsiccia annessa e che fatica far capire alla barista che di birra me ne basta una! Il bicchiere continua a riempirsi! Anche la mia compagna di viaggio solitamente abituata al pasto frugale sembra gradire, sarà merito dela simpatia dei gestori delle bancarelle? Può darsi.
Ed è già il secondo giorno.
[1 - continua]

26 maggio 2007

Tanti auguri a me!

Quando ero piccolo (tutti mi scherzavano, cit.) mangiavo poco, veramente poco. A dirlo ora non si direbbe, ma ero la disperazione di mia madre. Provava con qualsiasi tipo di pietanza, ma io rifutavo qualsiasi cosa e restavo pelle ed ossa: ricordo la maestra in prima elementare guardarmi impressionata dalla mia magrezza... Si, lo so che adesso sono una corazzata, ma si parla di tanto tempo fa!!! Eppure c'erano quelle due o tre cose che amavo. I dolci, quelli sì! Li ho sempre apprezzati, ma mica tutti: ero sschizzinoso anche con quelli.
E poi c'erano gli arancini di riso.
Non quelli che fanno in gastronomia, pieni di condimenti, formaggio, burro fuso e prosciutto (BBONI!), ma una versione "light" solo riso e piselli e una leggera impanatura... Ci andavo pazzo. E così nacque una specie di tradizione: ad ogni compleanno mia madre si metteva di buona lena e faceva una terrina piena di arancini, per me e per i miei amici, ed io li ho sempre divorati.
Oggi compio trentun anni. Trentuno!!! Mi viene quasi da ridere a pensare che ho passato i trenta, che sono adulto, ma certe cose non cambiano, o almeno non vorrei che cambiassero.
C'è mia madre nell'altra stanza: è arrivata da me con una terrina piena di arancini di riso. Sono buoni in modo commovente.
Tanti auguri a me!

7 maggio 2007

Miriam

Miriam è stata in assoluto la donna più bella e intrigante che abbia mai conosciuto. Me ne innamorai quasi subito, un colpo di fulmine così forte ed improvviso da lasciarmi più che stordito, direi quasi drogato. Di Miriam desideravo qualsiasi cosa, ne ero semplicemente ebbro. Fu un estate indimenticabile e nel contempo durissima, spezzata dal suo innamorarsi a sua volta di un altro, ma finché durò fu una sorta di pazza gioia che non avevo mai provato prima. Mai, mai mi sono innamorato in modo così intenso e travolgente, mai ho adorato una persona fino al midollo in quel modo. E non avevo 15 anni.
Il distacco per me è stato drammatico, da uscirne quasi folle, da non capirci più nulla. Mi sembrava semplicemente di non essere in grado di contenere tutti quei sentimenti dentro di me, erano semplicemente troppi.
Ci ho messo un paio di anni a riprendermi, forse anche tre, e lentamente Miriam ed io siamo diventati amici. A volte il desiderio di lei mi riprendeva, ma nel frattempo la tempesta si era placata e un certo equilibrio a fatica era stato riconquistato.
Ci si vedeva saltuariamente, uscivamo insieme e ridevamo di gusto... Ma sentivo che quel legame che mi aveva così dispertamente coinvolto non era mai stato spezzato come avrebbe dovuto.
Ieri ho visto Miriam e abbiamo passato un po' di tempo insieme, parlando del più e del meno. E poi d'imporvviso mi sono reso conto che lei era soltanto un bella persona. Nessun piedistallo, nessuna adorazione. Lei, un'amica che mi conosce meglio di tante altre, bella come e più molte altre. Ci baciamo sulle guance... Miriam ha l'alito un po' pesante. Mi rincuora pensare che anche lei è tornata nel mondo dei comuni mortali. Se è facile adorare un'idea, di una persona posso essere amico.

5 maggio 2007

Welcome

Nuovo Anno, nuovo Blog.
Si, lo so che siamo a Maggio, ma il nuovo blog va bene anche adesso!!!

Giù

Oggi sono spento... Sarà l'anomalo sonno che mi ha sorpreso stamattina e che mi ha decisamente scoordinato la giornata. Sento montare una sorta di dolore, una specie di grido silenzioso qui dentro. E fuori non faccio che starmene seduto qui. Uscire? No, sono davvero stanco e non ne ho nemmeno voglia... Mi ha preso un'indolenza che mi spaventa tantissimo: io non sono così! Io sono il primo a gettarmi a capofitto verso nuovi lidi, nuove strade, nuove nottate, nuovi volti sorridenti... Eppure sono così da un po' di tempo. Cosa mi succede? Cosa mi congela? Perché sento una sottile inquietudine che tanto assomiglia ad una grande paura di non so cosa? Ci sono dei momenti in cui vorrei far uscire tutto come quando da piccolo esplodevo in pianto... Ma per che cosa? Non lo so. C'è qualcosa che non va.
Si , lo so che cos'è. sono vicino al mio compleanno, la data in cui faccio bilanci. E quest'anno il bilancio è negativo. Cosa ho fatto, cosa ho costruito, chi ho reso felice e chi ho deluso? La risposta è probabilmente zero assoluto in tutto. Si, diciamocelo non ho fatto... Niente!!! Non ho risolto nulla, gli sfarzi Ginevrini appartengono all'anno passato, sto inseguendo una laurea che, pur vicina, mi sembra più un incubo che un traguardo; esco con ragazze, ma non certo per amore... Troverò il coraggio di accettare il fatto che potrei essere ancora innamorato? ho un brivido e un senso di nausea al pensiero. La verità è che ho una gran paura di fare un'altra volta scelte sbagliate.
Ma sono ancora qui e alla fine è questo che conta. Forse una buona dormita farà il resto... Però anche se so che per contratto in questo periodo ho dei momenti in cui sono così giù, tutte le volte che li affronto mi sento uno schifo. Spero di uscirne quanto prima.

13 marzo 2007

Cipolla, tonno e peperoncino

Bea cucina. A mezzanotte di una giornata di nebbia e pioggia, una figura longilinea dai corti capelli castani mescola olio, pomodoro, uova, cipolla, tonno (tonno... anche il tonno ci metti, Bea?) e peperoncino assicurandomi che è una ricetta squisita imparata a Vulcano.
Che è un'isola, ci tiene a precisare, e non ha abitanti con orecchie a punta. Scoliamo una tonnellata di pasta e la guardo divorare quello che per me è una bomba nucleare calorica senza colpo ferire. Tanto so che non avrà effetto sui suoi costanti 50 chili: sta già bruciando le calorie in eccesso anche mentre mangia. Corre, guarda, gira, ride, gesticola... Una volta mi ha detto di essere alta 1 metro e 65; io ci credo ma mi domando come abbiano fatto a tenerla ferma per misurarla. Forse l'hanno temporaneamente graffettata su un muro, è l'unica spiegazione plausibile.
E come Bea si affanna ad aumentare l'entropia dell'universo quando è sveglia, tanto è quieta e mummificata quando dorme.
La coccolo. E' strano, di solito non si lascia coccolare tanto; sarà la pasta di Vulcano, tant'è che addirittura si lascia andare a incredibili frasi da dormiveglia. Convinta delle sue affermazioni è sicura che le piacerebbe un'autostrada che va da Milano alla Cambogia, ma forse anche al Perù... Non lo sa deve decidere. Pensieri profondi.
La coccolo per un millennio o due. Mi mancava. Non mi ricordavo la bellezza di coccolare con tranquillità e di fare l'amore appena svegli, non ricordavo la bellezza di restare abbracciati una notte intera, non ricordavo che "Bea" e "tranquillità" potessero esistere nella stessa frase.
Non ricordavo nemmeno di aver lasciato tonno e cipolla sul mobile della cucina, ma questa, ahimé, è un'altra storia, e verrà raccontata un'altra volta.
Dopo una nottata, una delle tante, una nottata che a pensarci ora sembra esistita solo nella mente di un folle, siamo tornati nel mondo reale. Niente più cipolle di mezzanotte, niente più silenzio e carezze... Stazione Centrale, ore 9 del mattino. Io sembro un alieno assonnato, Bea è già parte del turbine e ci sguazza con maestria: sembra brillare delle stesse lucine dei bar e dei negozi.
"Czesc, jak sie powodzi!"*
Bea parla polacco.
Si, vabbé ormai non mi stupisco più: domani potrei vederla al volante della Ferrari di Schumacher, o come prima donna su Marte senza che la cosa susciti in me sorpresa. Non è che Bea conosca il mondo, è il mondo a conoscere Bea. Ci sono istanti in cui penso che l'universo sia Beacentrico, e quando la sento salutare una sua conoscente in perfetto polacco ne ho la conferma. adesso sta chiacchierando amabilmente con questa biondona che mi lancia sguardi di sottecchi, poi la saluta, si congeda e inizia a raccontarmi tutto di lei, salvo poi interrompersi perché vuole un gelato.
E siamo di fronte a questa astronave verde e bianca che dicono chiamarsi treno ad abbracciarci. La minigonna di Bea crea scompiglio tra i controllori, mentre lei svolazza a prendere il suo posto. Si gira e per una attimo assisto alla trasformazione che mi spaventa tutte le volte: Bea, da bambina vivace diventa improvvisamente donna saggia, con una sorta di consapevolezza infinita negli occhi. E' come se all'improvviso ti trovassi di fronte a tutta l'esperienza del mondo, come se tu e tutti gli altri foste trasparenti e scontati. Chi sei, Bea? da dove vieni davvero? Cosa pensi tra i tuoi mille pensieri? Come fai a disarmarmi con uno sguardo? Perché so già cosa stai per dirmi?
"Ty, vai da lei e diglielo! Diglielo! La ami, ti si legge in faccia!"
Io non le rispondo, abbozzo un sorriso e la saluto. Lei torna ad essere una bambina vivace e mi stampa un bacio dal finestrino.
Io torno a casa, mi lascio cadere sul divano e piango, piango come una fontana. Non posso dirglielo Bea, perdonami.

Riassunto: Bea va veloce, io resto fermo.

*Ho dovuto mandare un messaggio ad un'amica polacca per chiederle come si dice "ciao come stai" e l'ho trascritto pari pari. Quello che si siano dette davvero non lo so.

2 settembre 2006

Il cuore

Con una voce piatta, tranquilla, come se mi stesse chiedendo se voglio il latte nel caffè, una voce così pacata da far sembrare irreale quello che sta per dirmi...
"Brutte notizie? che è successo?"
"Sono dal dottore"
"E...?"
"Si è rotta la valvola mitrale, ho il cuore che si è ingrossato del cinquanta per cento: devono operarmi d'urgenza"
...
"rotta la valvola mitrale...cuore ingrossato...operarmi d'urgenza"
...
rotta... L'unica cosa che riesco a pensare è quanto suoni strano quel rotta come se la valvola del cuore fosse un pezzo meccanico che si può aggiustare.
Corro.
Corro come un pazzo in mezzo al traffico e arrivo dal dottore.
Lei è lì seduta che legge. tranquilla, normalissima. Si direbbe che stia bene... Ma le mani tremano.
Dottoressa, impegnative, fotocopie, cartine stradali, centro Cardiologico, appuntamenti, corsa nel traffico, altra dottoressa, Cardiochirurgo.
Che non c'è.
Il chirurgo se n'è andato! Torna domattina. Infuriato chiedo di un cardiologo.
Cardiologo, visita, io aspetto.
"E' un'operazione che si fa spesso, non si preoccupi!"
si ma caro il mio cardiologo tu quando hai visto le radiografie ti sei preoccupato, cazzo, credi che non me ne sia accorto?
A casa. Spedita a casa e domani forse si fa vivo il chirurgo.

Le voglio bene. Ho paura.

7 agosto 2006

Laura Iuorio online!

Ma come non sapevate che ora c'è questo sito? Andatelo a visitare!
Primo perché è un sito veramente fico (l'ho fatto io!), poi perché c'è molto di bello da leggere: ci sono racconti, articoli e -udite udite- un INTERO ROMANZO liberamente scaricabile. Laura Iuorio è una scrittrice di talento!
E ai primi che commenteranno sotto questo blog potrebbe arrivare in omaggio una splendida copia de "il sicario" autografata dall'autrice!
Mi raccomando: se amate leggere http://www.Lauraiuorio.it

5 agosto 2006

Ti guardo

Tu che racconti giocando coi tuoi capelli rabbiosi, incapaci di restare liesci e ordinati come vorresti, ma comunque di una bellezza selvaggia che non apprezzi. Le tue mani, le tue mani da strega bellissime e affilate che giocano a rincorersi lungo la coscia... Le tue gambe, Dio come mi piacciono le tue gambe! E ora anche gli sguardi veloci che concedo loro forse per te sono troppo. Ma racconti e sorridi, allungando il collo sottile.
Una carezza, una carezza! Ma lo sai che non si può... Dopo una carezza inizia un abbraccio, poi il tuo collo chiama baci e poi... E poi come riuscirai a fermarmi? Lo sai già e capisci al volo, ma è solo un attimo di malinconia quello che passa nei tuoi occhi. Non è il momento, anche se la tua lunga mano da strega accarezza con distratta voluttà la coscia che spunta dal'orlo della mia mini preferita. Ti vorrei, qui. Ora

12 luglio 2006

Eva

E fu allora che vidi Eva: inguainata in quell'abitino bianco e blu e protetta da un sorriso di circostanza praticamente perfetto, le lunghissime gambe affusolate appoggiate ad uno scomodo sgabello e le mani sottili a reggere quei volantini bianchi e blu come il vestito, era la perfetta sintesi della classe e dell'eleganza. Era uno di quei momenti in cui capita di provare quella sottile sensazione di inadeguatezza poco definita, del tipo "lei è inarrivabile".
Mentre Eva dormicchia sul sedile del passeggero, ripenso a quel primo incontro ginevrino in cui io, tecnico spaesato per di più assunto dalla concorrenza, sbirciavo noncurante nello stand BMW più interessato alle hostess che non alla nuova Z4; ripenso al momento in cui mi sono fermato a guardarla. Professionale, algida, altera e bellissima si destreggiava in spiegazioni agli anziani acquirenti di auto di lusso per poi bloccare lo sguardo su di me, con fare interlocutorio. Che cosa dire, fare baciare lettera o testamento, in quei momenti? Niente, sono istanti di puro imbarazzo...
E come al solito, quando mi trovo in imbarazzo, mi metto a ridere. E ride anche lei, quasi a voler comprendere che io non ho nulla a che spartire con la clientela abituale dei suoi datori di lavoro. Da lì al caffé il passo è breve, da lì a scherzare sul fatto che il caffé all'estero è imbevibile è un passo ovvio... Gli altri passi non sono importanti.
Ed Eva ora è qui accanto, portata dal vento fino alla provincia di Milano e pronta a turbinare per un'altra meta distante chilometri... Nemmeno lei sa ancora se si tratti della Svizzera, dell'Australia o di Marte e si concede soltanto qualche occhiatina dalle palpebre semichiuse e piccoli sorrisi quando si accorge che faccio solo finta di non guardarla. Bellissima, sempre. Eva ha un senso di perfezione innato che al rende magnifica anche in occasioni in cui una persona comune sarebbe impresentabile. C'è in lei qualcosa di zen, come se ogni cosa fuori posto fosse stata messa in disordine ad arte per essere la più bella possibile... Non è semplicemente spettinata o assonnata, è spettinata bene ed ha gli occhi chiusi con grazia. Persino quella puntura di zanzara sul polpaccio sembra starle bene.
Eva è partita. E' salita su quell'aereo per l'Ungheria decisa a tornare a casa e finire gli studi. E restare in quel suo paese che lei racconta con meraviglia e bagliori nei bellissimi occhi neri.

Buon viaggio Eva.

16 giugno 2006

Concerto per portiere e motorini

Puntuale si ripete nel weekend il concerto settimanale per portiere e motorini sotto le finestre di casa. Oddio, non solo nel weekend, ma comunque in mezzo alla settimana dovrei comunque svegliarmi.
Ordunque intorno alle sette, sette e trenta, il mondo sembra svegliarsi nel fragore di sportellate e cinquantini tirati al massimo. Gli sportelli non sono sbattuti, sono deflagrati contro la carrozzeria ad ogni chiusura: BLAM BLAM BLAM BLAM! scende qualcuno, risale qualcuno, riparte l'auto, ne arriva un'altra BLAM BLAM! Nel momento di pausa tra le portiere, ecco che entra fragoroso il cinquantino. Il quindicenne Rhodense ha imparato un solo modo per guidare scooter: a canna.
Il concerto inizia in crescendo e non si conclude. O almeno si conclude per me alle nove di domenica mattina, ora in cui normalmente sono già in bagno per le abluzioni.
Poi suona il telefono.
Da qualche settimana ad oggi, in casa squilla il telefono fisso.
Sempre.
dalla tarda mattinata fino alla sera inoltrata telefonano tutti.
Quanti amici, eh?
Amici, ma quali amici? E' tutta gente che vuole vendermi condizionatori, farmi cambiare gestore telefonico, provider internet, intervistarmi, vendermi Sky di nuovo anche se ce l'ho già... Una volta mi ha chiamato la TIN per vendermi l'ADSL; ho cortesemente ribadito che l'avevo già, e proprio Alice di Telecom, ma mi hanno risposto che TIN e Telecom sono due società comunque distinte anche se virtualmente identiche e mi stavano convincendo che l'ADSL di TIN è più conveniente di quella di Telecom... Pazzesco! E' come se la Fiat tentasse di convincermi che la Punto non è un granché per vendermi la Panda!!!
All'interno di questa situazione surreale, quasi mi convinco che rispondere al fisso è inutile. Davvero, chi mi vuol trovare ha il mio numero di cellulare, l'email, msn e volendo anche il codice dei segnali di fumo, perché dovrebbe chiamarmi al fisso? Poi però penso alla nonna, alla zia anziana, a qualcuno che mi cerca sull'elenco telefonico, qualcuno che ha davvero urgenza.... E così rispondo.
"Buongiorno, sono di Delta Media, stiamo conducendo un sondaggio sull'ibridazione dei vombati, posso farle qualche domanda"?
Ma vavavavava!!!

15 giugno 2006

Il cuore ha sempre ragione

Osservate con quanta previdenza la natura, madre del genere umano, ebbe cura di spargere ovunque un pizzico di follia.
Infuse nell'uomo più passione che ragione, perchè fosse tutto meno triste.
Se i mortali si guardassero da qualsiasi rapporto con la saggezza la vecchiaia neppure ci sarebbe.
Se solo fossero più fatui, più allegri e dissennati godrebbero felici di un' eterna giovinezza.
La vita umana non è altro che un gioco della follia.

Il cuore ha sempre ragione!

11 giugno 2006

She Screams in silence

Lei ogni tanto è fredda, secca. Non esprime rabbia o dolore, ma so che quando non esprime nessun sentimento, allora li prova anche più intensamente di quando li da a vedere. E di solito questo è il momento più difficile per comunicare... Perché so bene che qualsiasi cosa dica non avrà l'effetto di farla stare meglio, ma so anche che non posso fare finta di niente, non quando la vedo così.
Seguirò il suo modo di vedere le cose, ma chissà se motivato da una sua reale intenzione o solo da uno scatto stizzoso di rabbia? Non c'è molto spazio per discutere e lei ha bisogno dei suoi spazi... Solo che davvero mi intristisce chiudere i nostri dialoghi così male, specie se poi devo andare via per qualche giorno. Vorrei solo poterle dire che rispetto le sue decisioni, che le trovo sensate e che non lo faccio solo per adularla.
Come al solito lei ha ragione. Dala parte razionale lei è impeccabile: la logica non l'abbandona mai e le sue decisioni sono in effetti le più sensate. Ma dalla parte sentimentale? Non ci può essere solo logica e buon senso, a volte bisogna anche aprirsi al sentimento. Ma forse non è lei che si chiude, sono io ad essere troppo aperto. Un po'di logica in più non può che farmi bene.
D'altra parte è così che funziona per due buoni amici.

Frasi da cioccolatino

Ho una certa qual idiosincrasia per le frasi da cioccolatino.
Intendiamoci, in diversi anni di onorata carriera etero, non me ne hanno mai rivolte (al massimo mi hanno regalato un fiore, ma questa è un'altra storia) ma mi stupisco sempre quando sento il ragazzo di turno tentare di agganciare la bella desiderata con la frase fatta ed abusata.
No davvero, non posso credere che funzioni! Nessuna ragazza merita una banalità del genere! Quando sei con un'amica e senti arrivare uno che inizia con "Scusami, hai il porto d'armi? Perché con quegli occhi potresti ferire qualcuno..." Io resto semplicemente congelato.
Ma insomma, se ti piace, sbattiti un attimo!!! Non approcciare con la frase da Bacio Perugina, usa la fantasia! Lo so che la cosa non mi dovrebbe riguardare, ma quanto sento certe cose mi sento quasi in dovere di scusarmi con la mia compagna per l'idiozia della razza maschile. Davvero! Provo imbarazzo di fronte a questo sfoggio di ingenuotta banalità.
Se non volete farlo per voi, fatelo per me: arricchite il vostro bagaglio poetico con qualcosa di più che un messagino passatovi via sms.
A meno che il vostro metodo non funzioni davvero; nel qual caso fate bene... Non sarete mai il massimo della profondità, ma tanto lei non se ne accorgerà mai.
Potreste evitare di riprodurvi?

27 maggio 2006

Problemi col computer?

Passo parecchio tempo al pc, ultimamente. E tutto questo tempo, probabilmente, ha affinato la mia abilità davanti alla macchina, tanto che spesso amici e parenti mi chiedono di dar loro una mano quando litigano con problemi informatici di vario tipo.
Ed è curioso vedere come un po’ di scioltezza davanti allo schermo viene interpretata da loro come un dono divino, un’aura di misticismo tecnomagico che rende il “tecnico” una specie di profeta, l’unico capace di interpretare le oscure centurie vomitate dal monitor recalcitrante, l’unico realmente in grado di domare la belva che non vuole più farci scaricare la posta o giocare a Doom III, intestardendosi su oscuri misteri denominati “aggiornamenti di drivers” o “Insufficienza di ram”.
Capisco la situazione, perché ero così anch’io fino a qualche anno fa. Ma comunque ho cercato di capire come funzionano le cose, sbagliando, sperimentando… Più che altro chiedendo in giro aiuto ad amici più periti.
E adesso che una buona fetta di amici mi dice che sono “bravo” (e una certa cerchia di conoscenti mi tratta come se fossi una specie di santone computerapeuta che risolve ogni problema informatico con la sola imposizione delle mani), mi concedo una riflessione su coloro i quali a volte mi chiedono assistenza.
Intendiamoci… io non sono “bravo”, non di fronte a certi esperti (che esperti lo sono davvero) di gran lunga più abili del sottoscritto, soprattutto nel campo del software meno diffuso e più specialistico, magari arricchiti da corsi specifici, da lauree e diplomi e non da una mera esperienza da autodidatta… Tuttavia, con un certo grado di superbia, ritengo di aver acquisito una certa sintonia col mondo dei pc e di essere più abile di tanti sedicenti tecnici che affollano gli ambienti sociali (perché la tecnologia è sempre di moda).
E veniamo alla giornata-tipo dell’ ”amico che aggiusta i computer”.
Il pc è ancora visto come qualcosa di misterioso, qualcosa che, come i film di fantascienza insegnano, può scatenare in pochi secondi una guerra termonucleare globale, piuttosto che surriscaldare i tramezzini nel tostapane. Posso capire che l’utente medio covi un certo timore reverenziale per questa macchina del giudizio universale poggiata sulla scrivania; senza contare che il computer ha un altro grosso difetto: è costato tanto! Il padre di famiglia ha comprato un oggetto che non sa bene a cosa serva per il figlio studente, l’ha pagato qualcosa come millecinquecento euro, e dopo un mese non funziona. No, c’è qualcosa di sbagliato… Non è possibile che un oggetto che “prima funzionava”, adesso, senza che siano subentrate modifiche sostanziali (quali un urto a centossessanta all’ora, o un macigno piovuto dal cielo, piuttosto che un fulmine da 1,21 gigawatt), smetta di fare quello che deve.
Mi hanno imbrogliato. O forse non dovevo andare in quel sito dove dicevano che si vinceva una vacanza ai Caraibi… che mi hanno detto che c’ho il virus iniettato da un pirata informatico cinese. E poi l’hanno detto anche al telegiornale che questi virus sono dappertutto e che tutti i giovani scaricano i film porno illegali e magari arriva anche la finanza.
Così, il malcapitato, terrorizzato da un macchina infernale di cui sa solo che:
1- costa tanto
2- può essere usata per fare del male,
si decide a chiamare Colui Che Ne Sa.
E il sottoscritto arriva.
Una buona parte delle volte va bene: c’è qualche spyware da togliere, c’è da risistemare la connessione a internet, bloccata da qualche dialer e cose così… Il più delle volte c’è da rimettere le password per la gestione della posta elettronica, password che sono finite immancabilmente in un foglietto sperduto, conservato insieme a centinaia di cartacce assolutamente inutili… Ed è sempre un traffico ritrovarli. Ed è anche divertente vedere l’uomo impacciato che, recuperato il foglietto te lo porge chiedendo “E’ questa la mia parola segreta?” come se tu fossi il depositario di tutte le password del mondo.
Ma a volte va male.
Arrivi e hai davanti un computer di cinque o sei anni fa, con periferiche già all’epoca assolutamente inadeguate (sarà costato meno!), sovraccaricato da programmini scaricati chissà dove e da antivirus sempre più aggiornati che lo imballano… E non ci puoi fare granché. Al massimo un po’ di pulizia, ma è un palliativo… E poi devi rispondere alla più fatidica delle domande… “Perché non funziona?”
E non puoi dirgli “perché hai un rottame anteguerra assemblato da un idiota che a quest’ora è morto di vecchiaia e l’hai impestato con spazzatura orribile”, ma cerchi di fargli capire che con la veloce evoluzione informatica a volte può succedere che i pezzi più “vissuti” non ce la facciano a star dietro alla esorbitante richiesta di potenza delle applicazioni moderne.
E qui lui ti guarda… Ti valuta… come se lo stessi prendendo in giro, perché “Prima funzionava” e “non è possibile, perché sei anni fa l’ho pagato tre milioni e mezzo”.
Non si può spiegare! La spiegazione che i programmi possano entrare in conflitto tra loro, che software ed hardware possano litigare, che Microsoft sia (molto) fallibile, non è contemplata. Ho pagato, quindi non è possibile che non funzioni. Punto.
A volte può accadere il miracolo: convinto dalla tua abilità e delle tua assoluta buona fede si decide ad aggiornare l’hardware. Questa è la cosa più pericolosa. Se devi sostituire qualcosa, devi essere assolutamente certo che DOPO, il pc si comporti esattamente come PRIMA. Passare da win98 a XP può essere un trauma per l’utente medio!
Ma scherziamo? Prima avevo la barra di sotto grigia, adesso è blu col pulsante verde! Ma non si può far tornare come prima? E dov’è il mio sfondo di Vieri in area di rigore? Ma perché adesso il Cestino ha un’altra forma?
E se anche tutto riesce ad essere configurato correttamente c’è sempre qualche programma che non va più.
Perché l’utente medio non usa i programmi normali, se li procura dai sedicenti esperti o li compra in edicola. Ed è un fiorire di software mai sentito, realizzato da programmatori ubriachi nel dopo lavoro tra un film porno e l’altro… cose mai viste, dall’interfaccia grafica che vuole essere accattivante ma che è semplicemente orribile… Cose tipo “azzecca il totocalcio” o “Gestisci le spese della tua casa con un click”. Figuriamoci se esistono aggiornamenti per ‘sta roba, che esce allegata al “Corriere della Brianza” ogni mercoledi e giovedi.
E ti metti lì… ci lavori due ore, ottimizzi un nuovo pc, configuri Office, la posta elettronica, fai tutta la migrazione di dati, regoli l’aspetto in modo che sia identico a prima… E ti riesce tutto al primo colpo.
Meno quel cazzo di programmino del Corriere della Brianza. Che sai che non funzionerà mai.
E lui si irrita. “Ma prima funzionava!”.
Non importa quello che hai fatto. Lui vuole azzeccare il totocalcio, o gestire e spese di casa con un click. Il fatto che ora funzioni TUTTA la ram e che i driver video siano aggiornati e che la connessione sia due volte più veloce e che la scheda audio finalmente funzioni e che non ci siano più conflitti di periferiche e e e … non importa. Perché prima poteva azzeccare il totocalcio e gestire le spese di casa con un click.
Chiarire che certe cose si possono fare meglio con programmi del pacchetto Office (che ha acquistato, ma mai usato) non sortisce risultati sperati: mica tutti sanno usare Excel o Access… E tu francamente un corso di Excel accelerato non hai mica voglia di farlo lì seduta stante…
Lo vedi rimanere lì, con l’espressione dubbiosa, col sospetto che tutto il casino che hai fatto non sia servito a nulla e che, soprattutto, tu gli abbia fatto spendere soldi per non avere nessun miglioramento… Anzi… adesso non può nemmeno più gestire le spese di casa con un click. Quel dannato programmino è la sua unica ragione di vita! Non ti lascerà andare finché non lo avrai fatto partire come si deve.
E allora, se sei proprio fortunato, trovi l’aggiornamento su internet, o scopri che la compatibilità del programma può essere aggirata… Insomma fai il miracolo… e diventi il suo dio, l’unico che c’è riuscito, che ha messo a posto tutto dove tutti avevano fallito prima di lui… Colui Che Ne Sa ha meritato la sua fama…
Puoi finalmente tornare a casa, stremato, accendere il tuo Athlon 64 4000+ e godere del ronzio delle dieci ventole silenziate che lo tengono a temperatura strettamente controllata, beandoti del fatto che i nuovi drivers della scheda video fanno registrare 10 frames al secondo più di prima. E far partire con soddisfazione il programmino che ti permetterà di gestire le tue spese di casa con un click.

26 maggio 2006

26 maggio

In questa serata che mi sta lentamente portando verso i Trent'anni, sento molto "mia" questa vecchia canzone di un cantautore particolare e straordinario. Me la dedico da solo, in un attimo di megalomania.


Il Dito e la Luna

C'è un sipario che s'alza
e un sipario che cala
si consuma la corda e la tela
se per noi vecchi attori
e per voi vecchie attrici
i ricordi si fan cicatrici
non è il senno di poi
che ci aiuta a correggere
con il tempo ogni errore
che nel tempo si fa
mentre ancora chi guarda
nel silenzio allibito
già sussurra "L'artista è impazzito"
come i gatti di notte
sotto stelle sbiadite
crede forse di aver sette vite
quando invece col dito
indicare la luna
vuole dir non averne nessuna.
C'è una sedia da sempre
nella fila davanti
riservata per noi commedianti
perchè mai la fortuna
ch'è distratta e furtiva
ha avvertito la sera che arriva
nella cinta se mai
altri buchi da stringere
e allargare un sorriso
se è così che si fa
con la luce che scende
col sipario che cala
si consuma la corda e la tela
si divide d'un tratto
da chi ha solo assistito
chi indicava la luna col dito
e ogni volta lo sciocco
che di vite ne ha una
guarda il dito e non guarda la luna

9 aprile 2006

Improvvisa

Bea è improvvisa. Non c'è un preavviso, un preparativo... Lei appare a distanza di telefono, reduce da chissà quali disavventure, pronta a fermarsi un attimo prima di ridecollare verso la sua vita tempestosa.
"Ty, sono qui in stazione, sei a casa?"
Si, Bea, lo sai che sono a casa, e sai anche che c'è un cantuccio per te... Non ti lascio lì al freddo a cercare un albergo di notte.
"Sono stanca" mi dici assonnata sbirciando la foto di mia nipote "proprio stanca".
Ti porto su quasi a braccia e in men che non si dica eccoti lì: nel divano letto allestito in quattro e quattr'otto, Bea si mummifica nelle coperte e ronfa quasi all'istante. Ormai non le chiedo più che cosa, dove e perché. Lo so che fa un mestiere da orari impossibili e so come è fatta. Riposati Bea, domani ne parliamo davanti alla tazzona di the.
Mi allontano, mi lavo e torno in camera. Bea è nuda nel mio letto, ben sveglia e mi guarda.
"Ho freddo, Ty".
Una frase che farebbe ridere persino letta in un fumetto. Eppure ha davvero freddo.
Ci scaldiamo. Con passione, forza, trasporto, senza sapere il come e il perché... Siamo lì e va bene così...
Bea si addormenta accoccolata sul mio petto... Ogni tanto si sveglia, giocherella col mio orecchio, poi torna a respirare lentamente.
Io ho sonno ma non dormo.
Bea è di passaggio. E' sempre stata di passaggio, di corsa; Bea è futurista, non semplicemente dinamica, ma dinamismo fatto donna.
Ma io sono qui, e ho pensieri per un'altra persona... Una persona con cui vorrei essere ora, con cui non sono più, ma che frequento ugualmente. Arrivo persino a sentirmi in colpa per quello che è successo, anche se la mia parte razionale mi ripete che sono single e che quello che è appena successo è del tutto normale.
Bea si sveglia con un occhio alla volta e se ne va. La trovo in cucina che mangia una mela. Non la sbuccia, non lascia il torsolo: un'abitudine in comune con me, quella di non lasciare avanzi delle mele.
Bea mi sorride: "Avevo fame" annuncia a bocca piena, in un misto di ingenuità bambinesca ricciolosa e di una sensualità quasi da pantera, vanificata da orrendi calzini a quadretti.
Bea ammicca, mi guarda e mi chiede, complice: "dai, dimmi come si chiama".
"Come si chiama chi?"
"Come si chiama lei"
"Non c'è nessuna lei"
Certo non è mica difficile da capire... ma la testa di Bea sta già turbinando verso nuovi orizzonti. Cerca un biscotto, me ne lascia metà e conclude il colloquio con convinzione: "Sono stanca, ma proprio tanto!"
Riposati Bea, e lascia qui il solito imbecille a rimuginare sulla lei che davvero desidera...

1 aprile 2006

Lei

Nonostante la data possa far pensare il contrario, non farò pesci d'aprile su questo blog. Mi preme infatti scrivere d'altro, sfogare qualche dubbio e liberare qualche tarlo... Sono stato da lei e ho visto una persona addolorata e arrabbiata, furiosa verso tutto, rabbiosa contro la vita, persino pronta a chiedersi che senso avesse vivere. Forse non aveva tutti i torti nel pensare che la sua vita sia stata avara di sodisfazioni, ma non è un po' così per tutti? Spesso la felicità è solo una pausa tra due momenti di tristezza... Eppure perché io non la vedo così? Davvero lei ha questi pensieri autodistruttivi da così tanto tempo? Per quanto sia cinicamente logico quanto mi dice, sento che è vero solo in maniera fredda, deduttiva, ma lo sento falsissimo nel cuore. E' solo una questione di punti di vista, direbbe lei, ma è soltanto un punto di vista il fatto che io le voglia bene? Quale leva smuovere nei suoi sentimenti per farle apprezzare una gioia, una qualsiasi? Anche se spero sia solo uno scombussolamento dovuto alla primavera prima in ritardo poi in piena dirompente, mi chiedo se davvero io non possa fare di più per renderla felice o se debba lasciare che sia lei a trovare la sua felicità...

24 marzo 2006

Addio Babi

Babi studia. E' molto concentrata ed è davvero difficile parlarle. Non perché sia maleducata: semplicemente perché è talmente assorta nei suoi appunti da non sentire nemmeno quello che la circonda. Forse per questo Tyreal la trova un po' scostante, anche se non è mai stato un problema.
Babi è seduta al suo posto, al suo tavolo. Anche quando Tyreal arriva presto la trova già lì, sempre un po' imbronciata, sempre con un occhio sugli appunti e uno sul vecchio portatile che marcia a fatica. Tyreal ammira tutta quella dedizione.
Babi e Tyreal a volte litigano. Niente di furioso, solo qualche battibecco stizzito su questioni marginali.
Babi si è laureata e adesso sorride e ride di gusto. Non ci sono battibecchi, né liti, solo tanta voglia di festeggiare e di riposarsi.
Babi porta a spasso un magnifico cagnolone quando Tyreal la reincontra dopo mesi. E' rilassata, sorride e sembra davvero un'altra persona.
.
Babi non c'è più. Un'incidente d'auto.
Cos'abbia pensato nell'istante che le ha portato via la vita, Tyreal non lo sa.
Sa soltanto che trentaquattro anni sono troppo pochi per andarsene.

9 marzo 2006

Ginevra, agony and ecstasy!

Ciao a tutti, care le mie teste da tagliare, Tyreal is back! ed è tornato da un'avventura Ginevrina piena di colpi di scena, di notti insonni, di belle auto e donne flessuose, di lavoro duro e ininterrotto e da giornate lunghe e tranquille. Una vita condensata in dieci giorni di Salone, giorni in cui sono stato unico responsabile del mio settore. Giorni in cui completamente solo, in terra d'Elvezia gente col Cavallino, il Tridente ed il Biscione appuntato sulla giacca mi cercavano in continuazione per aggiornare quei terribili terminali recalcitranti.
Ebbene sì: Fiat, Alfa Romeo, Lancia, Ferrari e Maserati sono state la mia seconda casa in landa ginevrina, condite da interminabili traferimenti all'Hotel di Annecy, distante chilometri e chilometri dal teatro delle operazioni. Che salone! Andateci se siete in tempo, non è ancora finito. Ho troppo da raccontare: ne usciranno almeno due o tre aneddoti, ma ci sarà tempo per far sedimentare le emozioni e per ordinare i ricordi.
Un salone fatto di persone, di gente che lavora sodo e si prende la responsabilità di dare un'immagine al meglio possibile. Un saluto particolare va alle hostess: in piedi dalle cinque del mattino alle nove di sera, sempre sorridenti nonostante la maleducazione del pubblico. Vi saluto tutte. Grazie per i bei momenti.
Un salone fatto di responsabilità. Ero solo. Si, ero l'unico responsabile ed avevo una paura folle. Ero solo: nessuno aveva l'albergo nella mia città: le facce note le incontravo solo al Salone, per il resto ero io, il confine Franco/Svizzero e la lingua di Napoleone. Lingua che non ho dimenticato a quanto pare... E' andata: oggi ho lasciato il testimone al mio sostituto, che resterà lì sino a sabato e ancora mi arrivano le telefonate dei responsabili che mi chiamano perché vogliono fare variazioni ai database... E' andata alla fine.
Ci sono cose che si possono comprare, ma avere lo staff Maserati che si apre al tuo arrivo per darti modo di risolvere il problema, non ha prezzo. Il sorriso di Nadine che poi ti porta il caffè, nemmeno.

16 febbraio 2006

Oh che giornata!

Stamattina, con la pioggerellina che personalmente detesto, inizio una giornata lunga lunga. Il clima mi farebbe venir voglia di starmene a letto, ma nun se po'...
Beh, tra una cosa e l'altra sono uscito di casa che faceva ancora buio... E sono tornato a casa che faceva di nuovo buio. Eppure sono pacificamente sereno... Un po' stanco, ma ancora un po' di verve per litigare con un'amica del suo nuovo ragazzo.
Ma cosa me ne frega poi a me? Che problemi che mi faccio!
Vabbé, tanto domani è venerdi 17.
Uh, che sonno! E che fame! Quasi quasi mi mangio un Kinder!

11 dicembre 2005

Radiator Spring

Rivarolo Mantovano - 01:25 zulu
Tyreal si appresta ad uscire dal locale in cui ha passato una bellissima serata. un po' in anticipo, perché tanta strada lo divide da casa. Tyreal non può sapere che la sua idiozia è dietro l'angolo.
Si materializzano all'imporvviso delle gomme che delimitano i parcheggi. Tyreal potrebbe giurare che prima non c'erano.
Ma è troppo tardi. La 147 urta il muretto di gomme riempite di cemento, e il "Crack" che proviene dallo spoiler anteriore non dice nulla di buono.

Rivarolo Mantovano - 01:30 zulu
"Un pezzo dello spoiler, che sarà mai un pezzo di spoiler" pensa Tyreal sacramentando di fronte alla freccia sinistra divelta (sulla 147 le frecce sono in basso: molti le scambiano per i fendinebbia che invece, guarda un po', sono in alto) e sullo spoiler che rientra. Salendo in macchina riparte.

Bozzolo - 2 km a nord di Rivarolo Mantovano - 01: 35 zulu
Temperatura liquido raffeddamento eccessiva.
Avaria controllo motore.
Il trip computer vomita messaggi di allarme. Il "pezzo di spoiler" non è l'unico danno. Il radiatore è partito.
Bloccato in mezzo alla pianura Padana, di notte, a 150 km da casa, Tyreal esprime la sua velata irritazione.

Fortuna che ci sono degli amici che si sono sbattuti tantissimo per aiutarmi... Altrimenti sarei ancora lì. Ragazzi e ragazze, grazie a tutti!

10 novembre 2005

L'attesa

Stasera non vorrei essere qui. Qui ad attendere, pur sapendo che non saprò nulla prima di domani... Una sensazione sottile, strisciante eppur dolorosa quella dell'attesa, in cui mille pensieri ti avvelenano. Provo a distrarmi, leggo, guardo un film, aggiorno un blog che langue da giorni... Niente, una strana sensazione quasi di soffocamento a volte si fa strada... Un timore concreto, di quello che fa tremare le mani. Unito alla consapevolezza che comunque non posso fare nulla per cambiare le cose. E a volte si fa strada un attimo di fiducia, in cui sembra che tutto possa andare liscio e che non c'è nessun motivo per cui si debbano verificare le peggiori ipotesi... Ipotesi che poi riprendono forma e scacciano l'illusorio senso di quiete di poco prima. Sono in apprensione, inutile negarlo. E se davvero dovesse accadere quello che più temo, a fronte di un nuovo dolore andrò avanti come prima. Ma è davvero una magra consolazione...

7 ottobre 2005

Il mondo è grigio il mondo è blu

Si, ma il mondo è soprattutto grigio, sfumato. E' davvero difficile che sia bianco o nero, e di solito in quei casi non c'è molto di cui discutere. Ma per la maggior parte dei casi è sfumato!!! E per quale motivo ci si deve schierare dalla parte di un'inossidabile ragione??? Ma possibile che a quarant'anni ci sono persone che ancora non hanno capito che la loro inossidabile verità non è altri che una molto ossidabile opinione viziata da una visione dei fatti molto incompleta?
Non dico che voglio aver ragione su tutto, dico solo che troppe persone si fidano di una visione troppo semplicistica del mondo. E si beano della loro ragione approvata da qualche eminente studioso con le stesse idee.
Non c'è più opinione, non c'è più dialogo, non c'è sfumatura. C'è "la mia ragione che è meglio della tua perché la tua è sbagliata".
Contenti voi. Il mondo sta diventando di voi ottusi, godetevelo.

18 settembre 2005

Capirsi

A volte mi chiedo se qualcuno ancora riesce ad ascoltare. Non a sentire, ad ASCOLTARE. Dico le cose e vedo negli occhi dell'interlocutore la fissità tipica dell'ottuso. Non mi sta ascotando, sta solo pazientando: quando smetterò di parlare potrà parlare lui... Sta solo aspettando di dire la sua, non sta ascoltando cosa gli dico.
E puntualmente appena smetto di parlare mi arriva la domanda. A cui io ho già risposto, ma lui non ascoltava. E mi tocca ripetere.
Ed è già tanto che uno ti stia ad aspettare: c'è anche quello che ti interrompe. Continuamente.
Ma non ho capito, se non vi interessa quello che dico ditemelo e facciamo prima. Poi però non pretendete che IO stia ad ascoltare le vostre barbose esperienze sulle minchiate più assurde e insignificanti che hanno caratterizzato la vostra misera giornata.
Senza offesa, ma un'unghia spezzata non rientra ancora nell'olimpo delle mie massime priorità.
Oh... che giornata!!!