22 dicembre 2012

Dei delitti, delle pene e delle attese

E' arrivato il momento di raccontare una storia. Una storia vera, di qualche tempo fa, ma che ancora oggi conserva qualche strascico... una storia vissuta che mi ha permesso di cementare dei rapporti con persone che oggi stimo tantissimo.

Ordunque, qualche annetto fa ho frequentato una ragazza straniera, emigrata dal nordafrica e venuta in Italia a cercare fortuna. Quando l'ho conosciuta lavorava in un bar, ma aveva la seria intenzione di aprire un locale tutto suo, di cercarsi una sistemazione dignitosa, di realizzare insomma sogni concreti, per avere quelle cose che spesso noi diamo per scontate. Era bella, bellissima, giovane, solare... me ne innamorai quasi subito, e anche se si trattò di un fuoco di paglia, fu comunque una bellissima esperienza: lei era caparbia, voleva farcela e si impegnò moltissimo per realizzare i suoi propositi e io la aiutavo parecchio, dedicandole del tempo, accompagnandola a cercare un nuovo lavoro, a vedere un nuovo appartamento, a sistemare i documenti che le servivano, perché anche le questioni relative al permesso di soggiorno sono critiche quando non riesci a sbarcare il lunario. Le regalai un mio vecchio computer e imparò quasi subito a usarlo maledettamente bene... non vi dico che emozione quando mi apparve l'avviso di nuova amicizia col suo nome sulla finestra d MSN! Grazie ai mezzi informatici, trovò un buon appartamento, lo arredò con mobili usati e anche qui sfoggiai le mie doti carpentieristiche (si fa per dire) per darle una mano ad assemblare il tutto. Sembrava andare tutto a gonfie vele, io nel frattempo avevo altre persone a cui dedicarmi e lentamente, molto lentamente ci si perse di vista. Non del tutto: ogni tanto la incontravo, si usciva insieme, si andava a cena, facevamo foto... c'era una buona intimità, sia nei momenti più tranquilli che in quelli in cui ci si consolava a vicenda per qualche insuccesso. Ci perdemmo un po' di vista, sì, ma con la mia convinzione che le cose le stessero comunque andando abbastanza bene: parlava di fare un viaggio nel suo paese per reincontrare la sua famiglia, si era appena comprata una vecchia auto usata ma tenuta bene, e già pensava a qualche gitarella qui e là...

 Febbraio: vado a curiosare sulla sua pagina Facebook (sì, vi si era iscritta, ma lo usava poco) e leggo uno strano messaggio di un suo amico che recita in stampatello maiuscolo di avvisare se si avevano sue notizie, perché lei era irreperibile e non rispondeva al telefono da almeno un paio di settimane. Guardo poco più in basso e leggo altri amici che scrivono "Dove sei?" "Ehi, sei sparita? non ti fai più sentire".
Prendo il telefono e la chiamo, ma il numero risulta inattivo... Indago e cerco, vado a casa sua e non la trovo lì; scopro tramite la padrona di casa che nell'ultimo anno è finita in un giro di "brutta" gente, che ha avuto problemi di soldi e che si è dovuta trasferire in una stanza in affitto perché non in grado di pagare il monolocale.
"E il bar?" Chiedo sgomento
 "Chiuso... Eh 'sta crisi..."
Rimango basito, ma non so ancora cosa le sia successo, dove sia finita, nemmeno la signora lo sa.
 Mi viene in mente che una volta siamo stati ad una festa a casa di una sua amica che, combinazione, non abita nemmeno troppo lontano da me: impulsivamente vado da lei, non ricordandomi nemmeno il suo nome! L'amica è in casa, mi vede stravolto, la vedo stravolta, ma sa cos'è successo: Eva è stata arrestata. Dieci giorni prima.
 In pratica riesco a ricostruire gli eventi dalle sue parole e da una mia successiva discesa agli inferi tra la Questura, il Carcere e il terribile locale dove aveva trovato alloggio negli ultimi mesi: secondo i loro resoconti Eva frequentava persone impegnate in loschi traffici di carte di credito clonate. Non era vero, lei non era nemmeno presente nelle regioni in cui si svolgevano questi traffici, ma al momento non potevo saperlo; tutto ciò che sapevo era che, dopo un interrogatorio, era finita in custodia cautelare.
Dove? A San Vittore, mi dicono in Questura.
A Monza, mi dicono a S.Vittore
Dovrebbe chiedere alla Questura di Milano, mi dicono a Monza.
In tutte queste corse avanti e indietro mi chiedo come sia finita in quel giro, e soprattutto come abbia passato quei dieci giorni in carcere... Cosa le hanno fatto? E prima, in quella catapecchia in cui si era trasferita? Ho un groppo in gola mentre pesto sull'acceleratore, mentre giro per la città e i dintorni annotando nuovi indirizzi e nuovi numeri di telefono di fantomatici uffici a cui chiedere informazioni, quasi sempre invano. Mi trovo davanti ad un muro di silenzio, perché non sono un congiunto di alcun tipo, pertanto non riesco nemmeno a sapere dove diavolo sia... Non mi resta che telefonare al mio avvocato di fiducia e vedere se lei può fare qualcosa.
Dopo un mese e tramite uno straordinario avvocato ho ricostruito gli eventi. Eva è ancora in custodia, in un carcere a quattrocento chilometri da dove sono io, e l'unico modo che ho di comunicare con lei è mandarle lettere o telegrammi, senza sapere se le arrivino o meno.
 Gli amici a cui ho confidato questa storia mi suggeriscono di lasciar perdere, di lasciarla di fronte alle sue scelte, di non accollarmi problemi così grossi, perché non mi riguardano, anche se le ho voluto bene... e che soprattutto ci sono altre persone a cui voglio bene adesso e a cui dovrei dedicare i miei sforzi. Ma io non me sento di lasciarla lì: assumo l'avvocato, che si rivelerà essere una preziosa e tenacissima alleata, e procedo insieme a lei ad indagare per scoprire cosa sia successo veramente.
 Passano dei mesi, la ricostruzione è sempre più precisa e i fatti appaiono surreali: Eva è innocente, ma le circostanze sono così assurde che potrebbe essere davvero scambiata per una della "banda" dei clonatori di carte di credito, piccoli criminali che non sembrano brillare per astuzia, visto il modo in cui sono stati tutti catturati. Passiamo intere serate a studiare strategie, a capire cosa fare... sono serate tra pizze semifredde, schemi su lavagne e procedure legali che non mancano di lasciarmi frastornato, ma dispongo di un avvocato che non sbaglia un colpo e che non perde mai il controllo della situazione.
Infine l'intuizione, l'idea, il piccolo dettaglio che può scagionarla completamente e che viene fuori, quasi per caso: la diretta interessata risulta non aver mai condiviso i loschi affari degli altri arrestati e la cosa finalmente può venire dimostrata grazie ad un apparentemente irrilevante tabulato telefonico... un innocente tabulato che però riporta luoghi e ore e che quindi è in grado di fornire un alibi di ferro.
Sei mesi dopo l'inizio della vicenda, Eva è libera e in grado di ritornare alla vita di sempre.

Mi riesce difficile condensare in poche righe sei mesi di incertezza e di sconforto, di speranza e di disillusione, di tumulti nel cuore e di freddezza all'esterno, vivendo la vita normale come sempre e non lasciando trasparire niente con i miei cari... ma adesso è passato abbastanza tempo ed è giusto fissare nero su bianco la storia, anche se in poche righe. Forse un giorno la racconterò tutta, per filo e per segno, ma credo che la diretta interessata potrà farlo meglio di me: l'ho rivista pochi giorni fa, ci siamo scambiati i regali di Natale e abbiamo riso un sacco.