27 ottobre 2008

Odyssée Parisienne - Parte 3

3-
Ce la facciamo, ma al pelo.
Già, perché gli unici i due contatti che abbiamo a Parigi, il cugino di Max e un mio amico, sono entrambi irreperibili e quel che è peggio i nostri cellulari hanno le batterie quasi a terra... Usiamo la tattica della chiamata ad intervalli casuali e alternati, cioé chiamiamo un po 'alla carlona quando capita e alla fine rintracciamo il sospirato cugino.
Altra menzione d'onore per la sua decisione di ospitarci, cosa che risolve parecchi problemi logistici, senonché le indicazioni per ragiungerlo hanno del surreale. Nulla da eccepire sulla persona, sull'ospitalità, sul prodigarsi per noi... però diamine, sentire una persona pacata al limite del sonno spiegarti dove devi andare quando hai pochi secondi di batteria a disposizione, ha dello snervante.
"Eurm... potete prendere la undiciiiii... uhm... si maaaa anche la quattoooordiciiiii va bene... ehm... pooooi magari passaaaate per laa..."
"Si ho capito, tu dimmi DOVE DEVO ANDARE che poi mi arrangio io!"
"Ehm... allooooora facciaaaaamo così... voi prendeeete la uuundiiici..."
"La fermata, dimmi LA FERMATA dove devo SCENDERE!!!"
"uhm... siii... allora... vediaaamo..."

...
(crisi nervosa)
...
Montparnasse, dobbiamo andare a Montparnasse. Così va meglio.
A P.te Maillot, arrivo del pullman di trasferimento, è ormai notte ed è con un certo sconforto che guardo ancora il posto da cui mi ero appena allontanato.
L'unico momento di quasi panico, di abbattimento è stato quell'istante a P.te Maillot, un senso di "ma come, sono ancora qui?!?" accentuato dal sonnecchiante ed eterno viaggio in autobus appena trascorso. Autobus grigi, asfalto grigio, il Palais des Congrés grigio e un po' di grigio in testa, giusto un po' di quello che va scrollato via con una buona dormita o un caffé rinforzato...
Ma è solo un attimo e non c'è tempo! Valigie in spalla siamo in metropolitana, a prendere una delle ultime corse verso la meta di questa sera... E dopo quasi un quarto d'ora di attesa arriva il sospirato convoglio: finalmente tranquilli ci lasciamo cullare dagli scossoni sulle rotaie riflettendo su come la metro sia stata un po' il tema della vacanza, nel bene e nel male.
Il bilocale del cugino è piccolo ma accogliente, arredato con gusto e attrezzato di tutto punto; l'unico posto letto in più è, di diritto, di Max e su questo sono irremovibile: peraltro sono talmente stanco che non avrò problemi a sonnecchiare per terra...
Da quel momento in poi sembra tutto in discesa: la mattina successiva, un po' indolenzito, chiamo la SNCF e prenoto due biglietti per il primo TGV utile, ovviamente a nome del mio compagno di viaggio, senza troppi problemi; anche l''orario di partenza, fissato per il primissimo pomeriggio, sembra favorire tutti i nostri piani.
E infine, un'oretta prima della partenza siamo alla Gare de Lyon, dove osserviamo i curiosi standard francesi sulle norme di sicurezza (la putrella appesa in modo creativo sulla testa dei passeggeri della scala mobile è un tantino inquietante) e ci godiamo pan carré alle gocce di cioccolato, praticamente nostro unico sostentamento per tutta l'avventura.
Max ha un caratteristica peculiare: la chiamiamo "il colpo di genio degli ultimi 5 minuti" ed è una sorta di arma del giudizio universale, un po' come l'attacco solare o il cannone a onde moventi... una di quelle cose che in un istante può distruggere tutto il creato e che gli viene in mente immancabilmente allo scadere di qualcosa, nel momento in cui tutto il programma preventivato si sta per completare senza intoppi. Gli ultimi 5 minuti, di solito, o anche un po' prima.
"Vado a fare un giro" sentenzia per l'appunto un'oretta prima della partenza.
Lo aspetto.
Un quarto d'ora.
Lo aspetto.
Mezz'ora.
Lo aspetto.
Quaranta minuti.
Lo chiamo.
"Max, dove sei?"
"Ehm... mi sono un attimo perso... com'è che si chiamava la stazione?"
...
(crisi nervosa - reprise)
...
Panico di qualche minuto, non di più, poi tutto torna normale...
...E finalmente partiamo!
il TGV scivola sul binario, il tavolino pieghevole ospita le gocciole, la fotocamera e il giornale, gli altri sedili sono semivuoti... Non resta che rilassarsi.
Modane, ore 18:00
Un tiro di sputo prima della frontiera francese, il TGV si ferma e ci viene chiesto di scendere: problemi tecnici.
Ma cazzo! Ma no! Ma dai...
La carovana di passeggeri, un po' rintronata si chiede che succede; il responsabile della polizia italiana, che ha una sede in stazione si prodiga in spiegazioni... In breve, il TGV che abbiamo preso è troppo nuovo ed è troppo alto, e nelle gallerie non ci passa.
Lo spiego alla turista italiana.
"Cosa?!?"
Lo spiego alla turista francese.
"Quoi?!?"
Lo spiego alla turista inglese.
"WTF?!?"
Dopo che l'ONU intero ha deciso che sono pazzo, mi informo meglio e scopro che il giochetto accade spesso e che per non perdere prenotazioni l'informazione viene data ai passeggeri solo DOPO che il treno è partito.
E stiamo lì un'ora e mezza ad aspettare il treno sostitutivo che arriva da Torino...
E' l'ultimo intoppo: il viaggio di ritorno è liscio e pulito e di degno di nota rimangono solo Gwen, francese trapiantata in Cameroon che si occupa di volontariato per la Croce Rossa Internazionale e che ci intrattiene raccontando le sue esperienze; la francese inguainata in pelle nera e dal fisico mozzafiato che aspetta ogni singola fermata per accendersi una sigaretta che butta poi via dopo due boccate; il romano che ha viaggiato ovunque e che ritiene la nostra disavventura un intoppo abbastanza normale; lo spagnolo un po' bevuto che viaggia avanti e indietro in cerca del bagno; le due giapponesi computer-dipendenti che si alternano al portatile... La fauna da treno, insomma, affascinante e variegata.
Ma la Stazione Centrale non è mai stata così bella, e rimettermi al volante della mia Alfa per tornare a casa non ha prezzo...

E infine la trafila dei documenti.
Un eterno andirivieni tra sportelli e impiegati di diversi uffici?
Assolutamente no!
Ore 9 del mattino: l'anagrafe mi consegna la carta d'identitaà senza colpo ferire; dai carabinieri stilo una denuncia autocertificata di un (UNO) foglio e allego la copia di quella francese di sedici (16) pagine; dopo pochi minuti l'addetto mi chiede se ho le foto.
Un po' interdetto consegno le fototessere fatte poco prima per i documenti e dopo qualche clic del mouse mi viene consegnata la patente sostitutiva: la caserma è collegata telematicamente alla motorizzazione. In teoria potevo fare lo stesso per la carta d'identità.
Non ci credo.
Tornando passo dalla banca per rifare la carta di credito; non serve, la procedura è automatica e dopo averla bloccata ne viene emessa una nuova che viene spedita subito all'indirizzo del proprietario. Arrivo a casa e il postino me l'ha appena recapitata.
Non ci credo.
Visto che c'è tutto e che avevo preventivato un'intera mattinata per fare quello che ho fatto in venti minuti, tanto vale fare shopping: ed ecco che ho anche un nuovo portafoglio.
E c'è il sole!
Prendo la bici, per quella non servono i documenti.

25 ottobre 2008

Odyssée Parisienne - Parte 2

2-
Da come l'ho messa giù, potrebbe sembrare che il viaggio sia stato terribile. In realtà no, è stata una bellissima vacanza e Parigi è ancora una volta una città meravigliosa, forse non come la ricordavo, ma ugualmente meritevole: abbiamo incontrato gente simpatica e cordiale, solo raramente qualcuno un po' spocchioso, abbiamo pasteggiato a specialità tipiche semplicemente deliziose, ci siamo inoltati per viuzze e luoghi meno conosciuti dal turismo di massa anche se ugualmente imperdibili...
Più che altro l'indizio che qualcosa stava andando storto avrei dovuto averlo da quando abbiamo deciso di visitare il Louvre.
Nei cinque giorni in cui sono rimasto, il tempo è sempre stato splendido, fatta eccezione per la giornata di martedi, allagata da un temporale estivo tanto inatteso quanto violento: era l'occasione perfetta per visitare il museo, tappa turistica adeguatamente lunga e tutta al coperto!
Il Louvre ha un giorno di chiusura.
Il giorno di chiusura del Louvre è martedi.
Ecco, questo indizio forse doveva mettermi in guardia: qualcosa doveva succedere...
Ma non ci abbiamo pensato, perché questo piccolo imprevisto ci ha permesso di vedere, in alternativa, il Conservatoire des Artes et des Métiers, museo che sognavo di visitare da quando ho letto "Il pendolo di Foucault" e che merita assolutamente un giro, anche soltanto per la navata della chiesa di Saint-Martin-des-Champs adibita ad esposizione!
Insomma sembrava andare tutto per il verso giusto, addirittura siamo riusciti ad incastrare la visita al Louvre il giorno dopo e a vedere più di quanto avevamo preventivato senza nemmeno scapicollarci, ma anzi con una certa rilassatezza e particolare attenzione a cercare il posticino particolare dove pranzare o l'angolo curioso per scattare la foto.
E venne il giorno.
Mercoledi sera ci muoviamo vero l'aeroporto di Beauvais, piuttosto distante dalla città, sonnecchiando sull'autobus, e soprattutto consci del fatto che solo un check-in ci separa da casa: è stato un bel viaggio, ma abbiamo macinato parecchi chilometri e desideriamo un po' tutti la doccia e il letto...
"C'est pas bon"
Al Check-in scopro che il documento rilasciatomi dalla Gendarmerie non consente l'imbarco, che ho bisogno di un documento apposito rilasciato dall'ambasciata e dal consolato e che per forza di cose devo cambiare il volo, perché non ho materialmente il tempo di andare in ambasciata e tornare all'aeroporto prima del termine ultimo. E anche se l'avessi, l'ambasciata è chiusa e risponde alle telefonate con un patetico messaggio registrato, secondo cui il mio documento di volo è valido!
Comincio una discussione che va dal pacato al furioso, per gradi, scoprendo nel contempo che litigare in francese mi viene piuttosto bene, fino allo scontro col supervisore che non mi lascia speranze.
Ora, io lo so che sfioro il qualunquismo, ma la bionda precisina super-tirata col trucco impeccabile e il tono di voce da rasoiata sulla lavagna è un po' la mia bestia nera ed occasionalmente ne incontro una senza riuscire mai ad averne ragione; è destino che la mia supervisor risponda alla descrizione, così come è destino che quell'aereo resti per me una chimera.
Infatti non lo prenderò mai, e nemmeno i successivi... Resto a guardare i miei amici che si imbarcano e faccio il punto della situazione: resto solo, senza documenti, con pochi soldi (la carta di credito era nel portafoglio rubato), senza alcun alloggio in una città straniera.
Non male.
Mi fiondo alle informazioni per vedere di cambiare il volo, se non è oggi sarà domani e nel frattempo avrò regolarizzato con l'ambasciata, no? Al massimo passerò la nottata in aeroporto o troverò qualcosa di economico... ma sì, inutile lasciarsi prendere dal panico!
Al box informazioni della Ryan Air espongo il problema e scopro che il cambio volo equivale a comprare un nuovo biglietto... morti di fame...evabbé... Accetto, ma il simpatico funzionario, al momento di vendermi l'agognato ticket rifiuta i contanti!
"Solo carta di credito"
"Se mi hanno rubato il portafogli, evidentemente non ne ho una a disposzione..."
"In questo caso non posso fare nulla, non è politica della compagnia"
"Senta... Ha assistito alla situazione e ha visto cosa è successo, se vuole chiamiamo la Gendarmerie o il supervisore... Posso pagare unicamente in contanti, ci dev'essere una scappatoia"
"Beh, per questa volta, ma solo per questa volta posso fare un eccezione..."
Sospiro di sollievo
"...Oh, che peccato, non ci sono voli domani. Nemmeno venerdi. Nemmen..."
Stronzo.
Si! Stronzo! Sibilato in italiano, tanto gli insulti sono comprensibili a tutti.
Punto della situazione: resto solo, senza documenti, con pochi soldi , senza alcun alloggio in una città straniera e senza prospettive immediate di ritorno!
Gli amici sono increduli, ma ormai sono già avviati al'imbarco. Costernati mi prestano un po' di denaro liquido e qualcosa che mi può servire: un blocchetto, una penna, la mappa del metrò...
E poi Max il Santo decide di compiere un gesto eroico.
Quando un amico è un Amico con la A maiuscola fa cose di questo genere... cose per cui non ci si potrà mai sdebitare... Max rinuncia al suo volo e decide di restare con me e di darmi una mano: suo cugino vive infatti a Parigi e potrebbe ospitarci per questa nottata.
Quasi commosso ed esausto lo ringrazio; comincia il piano per la serata e il giorno successivo e il primo passo è tornare a Parigi via pullman per poter prendere la metroplitana prima che la stazione chiuda. Ma sono le 22:30 e l'aeroporto è lontanissimo dalla città. Ce la faremo?

2- Continua.
[clicca qui per la terza parte]

24 ottobre 2008

Odyssée Parisienne - Parte 1

"c'est pas bon".
Inizia tutto da lì. Anzi no... inizia tutto un paio di giorni prima in quella dannata stazione della metropolitana parigina.
Champs Elysées, ore 18: stiamo tornando in albergo dopo una giornata stupenda e siamo come al solito pigiati nei vagoni della Linea 1. Incredibile come i francesi utilizzino la metropolitana: per loro è sufficiente entrare nella vettura e piazzarsi davanti alla porta, non pensando minimamente a defluire all'interno della carrozza per lasciare spazio agli altri passeggeri; quando guardate un treno nella metropolitana di Parigi, fateci caso, vedrete mezza dozzina di persone pressate vicino alla porta e il resto del vagone completamente vuoto!
In queste condizioni la zingarella scippatrice ha vita facile, gioca in casa, è nel suo habitat naturale; quando poi sono in due e fanno gioco di squadra, risultano praticamente imbattibili, riuscendo a sfilare portafogli con scatto felino ed abile mossa [cit. Lady Oscar, che era francese, per l'appunto].
Il mio, nel caso in questione.
La dinamica è la seguente: le due ti girano attorno aspettando il momento propizio, poi una ti si mette davanti e aspetta che tu debba scendere; è una cosa normale, perché il parigino medio ti si mette SEMPRE davanti, come ho già detto non concepisce altro posto che non sia accanto all'uscita, quindi dopo un po' non ci fai più caso...
Quella davanti a te aspetta l'apertura delle porte, esce, si blocca di colpo e ti viene addosso, fingendo di urtarti involontariamente, l'altra approfitta dell'istante dell'urto per infilare la manina dove non deve. E non importa se sia tasca, borsello, marsupio o cassaforte portatile: la manina guizza è il portafoglio è suo, in un battito di ciglia. E non importa nemmeno se te ne accorgi o se le vedi in faccia, le due scappano in direzioni separate, sgusciando tra la folla e tu ti ritrovi in mezzo ad un gruppo di parigini che è SEMPRE in mezzo alle scatole e che non si sposterà MAI perché è abituato a stare lì davanti ed è refrattario agli urti. Anche ai miei, da 100 chili a botta.
Francesina uno, bionda e minuta, una bambolina, sfugge nella carozza successiva, proprio nell'istante in cui le porte si chiudono; francesina due, mora con occhi scuri e cappello da pittrice è semplicemente sparita nei meandri della stazione... siamo in cinque, ma le abbiamo perse.
Porca paletta! I soldi sono nascosti altrove, ma nel portafoglio ho i documenti, senza i quali non posso prendere l'aereo di ritorno!
Prima tappa: Gendarmerie.
Ora... io non voglio far polemica su questo tipo di cose, perché so che sarebbe sterile, ma per Crom e per il Segreto dell'Acciaio, questa sarebbe l'efficientissima polizia parigina?!? Queste sarebbero gli impeccabili vigilanti da cui le nostre tanto bistrattate forze dell'ordine dovrebbero prendere esempio?!?
In due ore e mezza riescono a stilare un verbale in quadruplice copia lungo sessantamila pagine per dire quattrconeto volte quello che mi è stato rubato; per otto volte ripeto il mio indirizzo e per otto volte viene scritto sbagliato; alla nona volta glielo scrivo io e loro lo ricopiano sbagliando! Per i parigini è impossibile che esista un paese in provincia di Milano: o sono di Milano città o niente! E non sto sporgendo denuncia in una sperduta stazione di polizia in una banlieue dimenticata da Carla Bruni, sono all' Elysée, il Quirinale francese!
Dopo tutta la procedura, che richiede tre agenti diversi, domando per l'ennesima volta se la denuncia può sostituire il documento d'imbarco, e per l'ennesima volta mi viene detto di sì, che succede un sacco di volte e che tutti i turisti risolvono in questo modo.
Tutto sommato sono gentili, disorganizatissimi ma gentili, e mi chiedono se ho tempo di fornire un identikit delle ladruncole e di controllare le immagini schedate per vedere se le riconosco; ovviamente accetto con entusiasmo.
Peccato che per questa procedura debba andare ad un altro posto di polizia, ovviamente ben distante. Non appena usciamo dal commissariato chiedo per l'enne-più-un-esima volta se la denuncia che ho è utilizzabile come documento d'imbarco e altrettanto ovviamente mi sento rispondere in tono enfatico che "no! absoluement!", pertanto vengo riaccompagnato nell'ufficio, dove poi faccio un altro verbale, grande come una cartolina, che dovrebbe sistemare tutto.
Comincio a sudare freddo.
L'altro commissariato è ugualmente disorganizzato, e aspetto l'addetta di turno accanto ad un tizio ammanettato e a cui vengono perquisiti i bagagli con guanti sterili. Ad intervalli casuali arriva un impiegato che mi chiede chi sono e poi se ne va; dev'essere un gioco parigino, una cosa tipo il bowling. Io sono il birillo.
Finalmente arriviamo all'identificazione: devo inserire tutti i dati che conosco delle persone sospette, aspetto fisico, abbigliamento, età e altezza in centimetri. Faccio notare che non avevo un righello, né ho controllato il loro certificato di nascita, ma l'addetta mi spiega che serve un numero preciso: non va bene "tra 1,50 e 1,60", né "tra 12 e 15 anni", devo SAPERE quanto sono alte e vecchie. Colpa mia, dovevo portare il righello.
Facciamo una ventina di prove permutando varie età e altezze, ma non concludiamo nulla: senonché la meticcia e bellissima poliziotta che sta assistendo alla procedura se ne esce con: "si, ma lo sappiamo chi sono" (me le descrive sommariamente) "anzi, se torna sulla stessa linea della metropolitana è molto facile che lei le ritrovi".
...
Cioé, devo ritrovarle IO?!? E me lo dici dopo mezz'ora che le conosci già?!?

E' notte ormai, e ho finito tutta la trafila: ho in mano una denuncia lunga quanto Anna Karenina e in fogli di formato differente; è stata lunghissima e ho una gran fame. Gli amici mi aspettano sul selciato; non vedo l'ora di lasciarmi alle spalle la disavventura e di godermi la vacanza.

Era solo l'inizio.
Non sapevo ancora cosa mi aspettava...

1-Continua...
[clicca qui per la seconda parte]