13 marzo 2007

Cipolla, tonno e peperoncino

Bea cucina. A mezzanotte di una giornata di nebbia e pioggia, una figura longilinea dai corti capelli castani mescola olio, pomodoro, uova, cipolla, tonno (tonno... anche il tonno ci metti, Bea?) e peperoncino assicurandomi che è una ricetta squisita imparata a Vulcano.
Che è un'isola, ci tiene a precisare, e non ha abitanti con orecchie a punta. Scoliamo una tonnellata di pasta e la guardo divorare quello che per me è una bomba nucleare calorica senza colpo ferire. Tanto so che non avrà effetto sui suoi costanti 50 chili: sta già bruciando le calorie in eccesso anche mentre mangia. Corre, guarda, gira, ride, gesticola... Una volta mi ha detto di essere alta 1 metro e 65; io ci credo ma mi domando come abbiano fatto a tenerla ferma per misurarla. Forse l'hanno temporaneamente graffettata su un muro, è l'unica spiegazione plausibile.
E come Bea si affanna ad aumentare l'entropia dell'universo quando è sveglia, tanto è quieta e mummificata quando dorme.
La coccolo. E' strano, di solito non si lascia coccolare tanto; sarà la pasta di Vulcano, tant'è che addirittura si lascia andare a incredibili frasi da dormiveglia. Convinta delle sue affermazioni è sicura che le piacerebbe un'autostrada che va da Milano alla Cambogia, ma forse anche al Perù... Non lo sa deve decidere. Pensieri profondi.
La coccolo per un millennio o due. Mi mancava. Non mi ricordavo la bellezza di coccolare con tranquillità e di fare l'amore appena svegli, non ricordavo la bellezza di restare abbracciati una notte intera, non ricordavo che "Bea" e "tranquillità" potessero esistere nella stessa frase.
Non ricordavo nemmeno di aver lasciato tonno e cipolla sul mobile della cucina, ma questa, ahimé, è un'altra storia, e verrà raccontata un'altra volta.
Dopo una nottata, una delle tante, una nottata che a pensarci ora sembra esistita solo nella mente di un folle, siamo tornati nel mondo reale. Niente più cipolle di mezzanotte, niente più silenzio e carezze... Stazione Centrale, ore 9 del mattino. Io sembro un alieno assonnato, Bea è già parte del turbine e ci sguazza con maestria: sembra brillare delle stesse lucine dei bar e dei negozi.
"Czesc, jak sie powodzi!"*
Bea parla polacco.
Si, vabbé ormai non mi stupisco più: domani potrei vederla al volante della Ferrari di Schumacher, o come prima donna su Marte senza che la cosa susciti in me sorpresa. Non è che Bea conosca il mondo, è il mondo a conoscere Bea. Ci sono istanti in cui penso che l'universo sia Beacentrico, e quando la sento salutare una sua conoscente in perfetto polacco ne ho la conferma. adesso sta chiacchierando amabilmente con questa biondona che mi lancia sguardi di sottecchi, poi la saluta, si congeda e inizia a raccontarmi tutto di lei, salvo poi interrompersi perché vuole un gelato.
E siamo di fronte a questa astronave verde e bianca che dicono chiamarsi treno ad abbracciarci. La minigonna di Bea crea scompiglio tra i controllori, mentre lei svolazza a prendere il suo posto. Si gira e per una attimo assisto alla trasformazione che mi spaventa tutte le volte: Bea, da bambina vivace diventa improvvisamente donna saggia, con una sorta di consapevolezza infinita negli occhi. E' come se all'improvviso ti trovassi di fronte a tutta l'esperienza del mondo, come se tu e tutti gli altri foste trasparenti e scontati. Chi sei, Bea? da dove vieni davvero? Cosa pensi tra i tuoi mille pensieri? Come fai a disarmarmi con uno sguardo? Perché so già cosa stai per dirmi?
"Ty, vai da lei e diglielo! Diglielo! La ami, ti si legge in faccia!"
Io non le rispondo, abbozzo un sorriso e la saluto. Lei torna ad essere una bambina vivace e mi stampa un bacio dal finestrino.
Io torno a casa, mi lascio cadere sul divano e piango, piango come una fontana. Non posso dirglielo Bea, perdonami.

Riassunto: Bea va veloce, io resto fermo.

*Ho dovuto mandare un messaggio ad un'amica polacca per chiederle come si dice "ciao come stai" e l'ho trascritto pari pari. Quello che si siano dette davvero non lo so.

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