28 novembre 2012

Razza di deficienti


Naron, dell'antichissima razza di Rigel, era il quarto della sua stirpe che teneva i registri
galattici. Aveva un libro grande, con l'elenco delle innumerevoli razze di tutte le galassie
che avevano sviluppato una forma d'intelligenza, e quello, notevolmente più piccolo, nel
quale erano registrate tutte le razze che, raggiungendo la maturità, venivano giudicate
adatte a far parte della Federazione Galattica. Nel registro grande erano stati cancellati
molti nomi: erano quelli di popoli  che, per una ragione o per l'altra, erano scomparsi.
Sfortuna, difetti biochimici o biofisici, squilibri sociali avevano preteso il loro pedaggio.
In compenso, nessuna annotazione era mai stata cancellata dal libro piccolo. Naron,
grande e incredibilmente vecchio, guardò il messaggero che si stava avvicinando.
"Naron!" disse il messaggero. "Immenso e Unico!"
"Va bene, va bene, cosa c'è? Lascia perdere il cerimoniale."
"Un altro insieme di organismi ha raggiunto la maturità."
"Benone! Benone! Vengono su svelti, adesso. Non passa un anno senza che ne salti fuori
uno nuovo. Chi sono?"
Il messaggero diede il numero di codice della galassia e le coordinate del pianeta al suo
interno.
"Uhm, sì" disse Naron, "conosco quel mondo."
E con la sua fluente scrittura prese nota sul primo libro, poi trasferì il nome sul secondo,
servendosi, come di consueto, del nome con cui quel pianeta era conosciuto dalla
maggior parte dei suoi abitanti. Scrisse: "Terra"
"Queste nuove creature" disse poi, "detengono un bel primato. Nessun altro organismo è
passato dalla semplice intelligenza alla maturità in un tempo tanto breve. Spero che non
ci siano errori."
"Nessun errore, signore" disse il messaggero.
"Hanno scoperto l'energia termonucleare, no?"
"Certamente, signore."
"Benissimo, questo è il criterio di scelta.". Naron ridacchiò soddisfatto: "E molto presto
le loro navi entreranno in contatto con la Federazione." 2
"Per ora, Immenso e Unico" disse con una certa riluttanza il messaggero, "gli osservatori
riferiscono che non hanno ancora tentato le vie dello spazio."
Naron era stupefatto. "Proprio per niente? Non hanno nemmeno una stazione spaziale?"
"Non ancora, signore."
"Ma se hanno scoperto l'energia atomica, dove  eseguono le loro prove, le esplosioni
sperimentali?"
"Sul loro pianeta, signore."
Naron si drizzò in tutti i suoi sei metri di altezza e tuonò: "Sul loro pianeta?"
"Sì, signore."
Lentamente Naron prese la penna e tracciò una linea sull'ultima aggiunta del libro
piccolo. Era un atto senza precedenti, ma Naron era molto, molto saggio e poteva vedere
l'inevitabile meglio di chiunque nelle galassie.
"Razza di deficienti!" borbottò.

Isaac Asimov, Silly Asses (Razza di deficienti), in “Future”, Febbraio 1958

24 novembre 2012

Bip.


Sono in ufficio, da solo, e suona qualcosa.
"Qualcosa", sì, perché è un triplo bip che non ho mai sentito... il cellulare è calmo e beato, i cordless sono placidi, i computer non stanno facendo alcunché...
BIP BIP BIP
Il fax è fermo, l'allarme antincendio funziona nei parametri, il condizionatore è spento...
BIP BIP BIP
Allora... il pacemaker non ce l'ho, credo, altri ammennicoli elettrici non ci sono... comincio ad aprire i cassetti!
Fermo restando che nel frattempo ho trovato un vecchio statuto del Regno d'Italia, la carta d'identità di Michelangelo, il Graal e l'Arca Perduta, il triplo bip non ha mai smesso di farsi vivo e nessun cellulare nascosto è saltato fuori.
Un momento... vuoi vedere che è nel cappotto? Vai a capire perché mai dovrei...
...quello non è il mio cappotto.
Osservo per qualche secondo un anonimo giaccone grigio, da cui effettivamente proviene lo snervante bippìo, certo di non averlo mai visto prima, poi vado istintivamente, senza pensare, a cercare la fonte del rumore nelle tasche...
...Ovviamente proprio nel momento in cui sta salendo il cliente passato poco fa, con un cappotto decisamente fuori misura. Il mio, per la cronaca.
"Mi scusi, sa, ma devo aver preso la giacca sbagliata!"
Io, con in mano il suo cellulare, imbarazzatissimo: "...ehm sì... il suo telefono sta suonando"
Ci scambiamo i cappotti. Il cliente mi saluta e se ne va guardandomi come se fossi un alieno particolarmente disgustoso.