29 dicembre 2007

Mi rispondono i vip!

Tanto tempo fa mi sono appassionato di un serial tv italiano decisamente atipico: La Squadra.
Atipico perché girato con piglio molto realistico e ritmo serrato, quasi da documentario, diverso dalla regia patinata delle solite fiction nostrane, più che altro infarcite di personaggi televisisvi relativamente famosi in ruoli che molto spesso rasentano il supereroistico.
In questa serie trasmessa da Raitre invece, tutte le persone sono incredibilmente umane: hanno luci e ombre, scheletri nell'armadio e qualcuno anche fuori e vivono nella realtà quotidiana di un commissariato che si barcamena nel gestire la legge attraverso vicende di criminalità sia piccola che su larga scala, con tutti i problemi, i drammi e le piccole vittorie che ne conseguono. In mezzo alla grande maturità del telefilm emergono anche dei notevoli attori; eccettuati due o tre nomi più o meno noti ho realmente scoperto un sottobosco di recitazione italiana assolutamente spettacolare! Volti praticamente sconosciuti danno corpo a personaggi credibilissimi, in un modo che nemmeno molti attori certamente più "blasonati" riuscirebbero a fare.
Nel novero degli attori mi è capitato di notare sin dall'inizio una bellissima Saba Anglana nel ruolo dell'agente Katia Ricci; ripresomi dallo choc puramente estetico ( :D ) mi sono reso conto che era anche una bravissima attrice!
Purtroppo le apparizioni dell'agente Ricci sono limitate solo ad alcune stagioni del telefilm, che ho comunque continuato a seguire, ma solo dopo anni ho scoperto una cosa interessantissima: girovagando per la rete mi è venuto il ghiribizzo di scoprire che fine avesse fatto Saba Anglana e mi sono imbattuto nel suo sito apprendendo che ora Saba è anche cantautrice!!!
Preso dall'entusiasmo ho anche provato a contattare l'artista tramite il sito, sospettando che non avrei mai avuto risposta, e invece...
E invece mi ha scritto, ringraziandomi per la mail e dimostrandosi gentilissima! E' una piccola cosa, forse, ma io sono ugualmente contento come un bambino!

Ma chi è Saba Anglana?
QUI potete trovare un'intervista pubblicata su Panorama, mentre questo è il suo sito ufficiale:
www.sabaanglana.com

Spero che chi legga questo blog sia incuriosito e voglia apprendere maggiori informazioni su questa magnifica artista.

21 dicembre 2007

Gargoyle Online!

Chi sono i Gargoyle? E' presto detto: non stiamo parlando delle statue che adornano le cattedrali gotiche, ma di un gruppo di amici che ha creato un vero e proprio sodalizio dedito al Softair. Ohibò, un altro termine che non conoscete? Il Softair conosciuto anche come Tiro Tattico Sportivo, è uno sport di squadra patrocinato da enti riconosciuti dal CONI (es.: CSEN, AICS, ASI, ACSI). L'attività, pur rimanendo uno sport, può essere assimilata ad una simulazione, tramite attrezzature apposite, di azioni tattiche e strategiche di combattimento in ambienti urbani o boschivi tra fazioni opposte che devono conquistare obiettivi prefissati realizzando il maggior punteggio possibile.
Volete saperne di più su questa attività ? Vi consiglio dunque di visitare il sito del Gargoyle Adventure Team!

11 dicembre 2007

Laif is nau.

Nel seguente diario sono stati modificati nomi e slogan per evitare pubblicità. Converrete con me che le compagnie citate sono ora irriconoscibili.

Un bel dì (vedremo alzarsi un film di fumo; cit.) la mia connessione ad internet decise di averne avuto abbastanza. Prese i suoi ping, attraversò il bridge e si disconnesse senza preavviso. La sua era stata una vita breve ma intensa e poco si sa di questo insano gesto, ma fatto sta che avvenne e potete immaginare il mio disappunto nel vedere i resti di siffatta tragedia. Con composto dolore annunciai al mondo la triste notizia.
Tyreal: "Videocom di M*%*&%!!! Non funziona mai un C*%&%!!!"
Preso il chiacchierone [cit.] mi barcamenai istantaneamente tra i Grandi Esperti del Call Center cercando lumi, chiarimenti o più semplicemente consigli su quale tipo di pasta andasse bene col pesto.
Ebbene passarono tre giorni.
Un bel dì (il fil di fumo di prima, cit.) in ditta mi vedo recapitare un pacco nuovo fiammante dall'etichetta inequivocabile: "Berenice ADSL di Videocom Italia"... cosa che lascia perplessi un po' tutti perché in ditta l'ADSL c'è già da un bel po' e funziona regolarmente.
Lumi, chiarimenti e consigli al call center
"No guardi abbiamo riparato il guasto, fatto partire la segnalazione, poi ho riaperto la pratica e quello è quasi sicuramente il modem che le doveva arrivare a casa per riattivare la linea che prima non andava e adesso va"
"..."
"Adesso lei stasera stamattina prova nel pomeriggio a mezzogiorno e se va il tecnico ha riparato e la pratica è avviata e il suo cellulare nel caso è questo qui grazie signor... Signor...?"
"Tyreal"
"ah si risulta dal suo numero"
A casa, l'ADSL non va.
Il giorno dopo arriva a casa un ALTRO modem/router, stavolta wireless.
Ma l'ADSL non va.
Una settimana dopo arriva una bolletta doppia in ditta. Sconcerto. Risultano DUE linee ADSL, di cui una attiva... sul FAX!!!
Call Centr, lumi, chiarimenti, consigli. E insulti, anche innovativi.
"no nessun problema adesso parte la richiesta arriva il tecnico per fare un albero ci vuole un fiore vedrà che massimo quattro giorni funziona tutto e arriva un rimborso"
Disperato sondo la concorrenza:
SkyNet, la migliore, la più veloce, la più costosa:
"Senta verrà lì da lei un nostro tecnico per verificare i lavori da fare"
"I lavori? Che lavori?"
"Beh per il nostro tipo di connessione serve un nostro sistema poi forse si deve scavare, sa i nostri cavi passano a TRECENTO (300) metri nel sottosuolo ecc ecc... tecnovaccate ecc."
...
"No non importa guardi ho la casa in orbita, lasci stare, arrivederci"
Quella dei trecento metri me la sono scritta: quando sono di cattivo umore la rileggo.
BORA, la compagnia più bistrattata, ma anche più economica:
"Allora le offriamo ADSL a 4 o 20 mega a costo zero che però diventa 26 euro se la fa flat di sabato e mercoledi mentre sono 32 per la 20 di lunedi mattina però in regalo c'è il cellulare blacberry rosa a forma di cazzo"
PIVOFONE, chissà che mi dicono:
"Perfetto, le proponiamo una tariffa per tutti i cellulari..."
"Guardi che a me serve l'ADSL"
"Ah si si... beh quella l'avremo a disposizione più tardi ma le conviene se prima lei sottoscrive un contratto per almeno quattro cellulari aziendali..."
"Ma a me serve SOLO l'ADSL"
"Per quello minimo a settemebre, ma se lei prende i cellulari aziendali adesso si troverà in posizione avvantaggiata quando in autunno..."
*click*
Richiamo la Videocom, così, per insultarli un po'. E' terapeutico.
"Ah sig. Tyreal, senta: per verificare la linea faccia un po' così: colleghi il NOSTRO modem così sappiamo quali parametri cercare, quando tutto sarà a posto potrà riusare il suo router"
Azz... sembra così stupida da avere un senso!!
Prendo uno dei quattro (4) modem che mi hano mandato, msotruosamente bianco e lucido nonché antennuto e lo collego.
la linea... funziona!!!
Esaltato mi connetto e mando mail ad amici e colleghi dicendo che finalmente sono tornato ad essere interattivo; quand'ecco che, all'ultimo invio, la linea decide di suicidarsi di nuovo.
E' passata un'altra settimana e solo ieri mi è venuta l'idea di rimettere il mio vecchio router.
Ed eccomi qui a scrivere online.

Laif is nau.

Laura Iuorio - Il Destino degli Eldowin

E' uscito!
Il nuovo Fantasy di Laura Iuorio è finalmente disponibile! Il libro è molto bello: l'autrice tratteggia come suo solito dei personaggi molto credibili e approfonditi, pur inseriti in un contesto fantastico nella migliore tradizione del genere.
E le mappe nel libro le ho disegnate io!!!
Fatemi sapere se vi è piaciuto!

La trama:
C'è un luogo, nel Varlas, in cui uomini ed elfi convivono pacificamente da secoli. È la grandiosa città-stato di Azales, situata ai piedi delle cascate Mah Quad, e dominata dalla leggendaria stirpe elfa degli Eldowin. Ma uno spietato nemico trama nell'ombra per distruggerne il fragile equilibrio e riconquistare nel sangue il potere perduto. Mentre il regno corre incontro all'inevitabile rovina, i favolosi Eldowin si avviano ignari, fra giochi innocenti, balli di corte e sospiri d'amore, verso il loro tragico destino. Molto tempo dopo, una combriccola eterogenea, formata da una maga in fuga, un simpatico barbaro, due vampiri, una nana e un giovane contadino intraprende un viaggio avventuroso che la porterà dai confini orientali dell'Argelar, oppresso dall'implacabile Adras l'Oscuro, fino al Varlas, sulle tracce della mitica città perduta.

Ulteriori informazioni e il primo capitolo in anteprima sul sito dell'autrice www.lauraiuorio.it

Indovina chi viene a cena?

Quando organizzo qualcosa che preveda la presenza di tanta altra gente (feste, uscite, vacanze ecc...), puntuale come la morte e le tasse mi si ripresenta l'elenco mica tanto virtuale dei "tipi" di persone che rispondono all'invito. Non né giusto né bello generalizzare, ma ogni tanto è divertente!
E voi di che tipo fate parte?

Ci sono ad esempio:

-i Precisi: alla domanda "ci sei il tal giorno?" rispondono subito SI o NO, senza esitazione. I precisi mi spaventano: hanno una tale organizzazione delle loro giornate da sapere in anticipo ogni momento libero. La gioia di chi prenota.

-gli indecisi giustificati: non sanno se ci saranno o meno, ma questa indecisione ha una ragione precisa. Si sentono in dovere di spiegare il perché non possono essere precisi raccontando la storia di tutta la loro vita presente e futura. Ok... Bastava un "te lo dico fra un paio di giorni".

-gli indecisi onesti: non sanno se possono esserci, punto. Di solito te lo fanno sapere quando sono sicuri. I migliori, sono ormai una razza in via di estinzione.

-i voglio sapere: non ti daranno una risposta finché non sapranno quanti siete, dove si va, che tipo di locale è, quante ragazze single ci sono, che tipo di musica fanno e l'ascendente del barista. Di solito declinano all'ultimo perché hanno saputo che in quel locale mettono musica free-jazz e loro sono ormai passati al soft-punk.

-i presi nel vortice: ci saranno, ma arrivano più tardi perché tornano quello stesso giorno dalle Maldive e spesso andranno via prima perché stanno per inaugurare un nuovo locale afro-svedese a Casalpaciocco e non si può mancare.

-i non lo so cronici: anche conosciuti come TYREAL ; ti tocca sempre ricordare loro il luogo e la data, perché se la dimenticano.

-i non lo so e non lo saprai mai: Li inviti e non ti sanno dire se ci saranno o no... E non te lo sapranno mai dire fino alla sera stessa, Quando te li ritrovi già al locale.

-i posso portare anche...: quelli che, invitano a loro volta tutti quelli che capitano loro a tiro. Talmente buoni e gentili che non possono evitare di estendere l'invito a tutto l'emisfero nord. Di solito, due ore prima della serata ti chiamano e ti dicono che "vengono anche cicciuzzo e pallotto con la ragazza, il cugino e sei fratelli, è un problema?"

-i comitiva: sono un gruppo. Sempre. Se ci sono, sono tutti, se uno di loro non può venire per un ginocchio sbucciato, non ci sarà nessuno di loro. Di solito si siedono vicini e parlano tra loro, unendosi al resto della combriccola solo per i brindisi e per la sosta al bagno (ma non sempre).

-i non mi va: arrivano incazzati. L'unico motivo per cui sono lì è per dire che il posto fa schifo, la cucina ribrezzo, le bevande vengono servite alla temperatura sbagliata e la musica è troppo alta. Di solito non declinano MAI un invito.

-i senno di poi: solitamente gli ultimi a dare una risposta, ma accompagnata con un "non si potrebbe andare da quel'altra parte che il locale è migliore?" quando tu hai già prenotato per ventisei e la cena è stasera.

-i culi di piombo: ci sono se qualcuno li passa a prendere, se il locale è vicino e se non si torna troppo tardi, perché sennò poi dormono male.

-i vi porto io: all'invito si comportsno come i "senno di poi" proponendo un'alternativa a loro dire SEMPRE migliore: più economica, più divertente, più facile da raggiungere e soprattutto dove "lavora un mio amico". Statisticamente da evitare.

-le colonne portanti: senza di loro non c'è serata che tenga.

-i ti invito perché devo: amici di amici, ragazzi/e di amici generalmente mal sopportati da chiunque, ma inevitabilmente legati a qualcuno che hai già invitato. Qualcuno che di solito è del tipo "posso portare anche..." o semplicemente un amante adorante.

-le coppie scoppiate: si sono lasciati e sono entrambi vostri amici; siete sicuri che invitare entrambi non sarà imbarazzante? Vi diranno che non c'è problema, che sono adulti e vaccinati e che sanno affrontare la cosa. Poi lei accetterà con entusiasmo le attenzioni del primo che capita e lui passerà la serata ubriaco a piangere sulla vostra spalla.

-i paccari dell'ultimo minuto: detti anche "si, si! ci sono di sicuro!", salvo poi smentire clamorosamente quando tutti sono già arrivati al locale. O peggio, semplicemente non si fanno vivi senza dare notizie. Comodo se c'è già un "posso portare anche...". I jolly della logistica.

-i semprealverde: di solito declinano l'invito perché sono a corto di valsente, tuttavia cercano di solito di spostare tutto il gruppo verso il locale più economico e fidato (e qui si finisce nella categoria "vi porto io") oppure consultano il menu disperati alla ricerca di quello che costa meno, osteggiando con furore il pagamento "facciamo il totale e poi si divide". Che diamine, loro il limoncello non l'hanno preso!

Alluminio&Carbonio e la notte della freccia arancione

-Svoltare a destra alla rotonda: prima uscita-
Già, svoltare a destra, me lo sentivo...
fra cinquecento metri svoltare a sinistra...svoltare a sinistra
No, così non va bene. Un TomTom su questo alluminio è dissonante quanto un Re minore sotto un accordo di Fa... Spengo lo scatolotto e lo appoggio sul sedile, muto televisore predittivo.
Eppure avevo un cd apposta per l'occasione.
Play
Seven deadly sins
Seven ways to win
Seven holy paths to hell
And your trip begins

Meglio.
E' notte, e questa pioggerellina campagnola tiene persino compagnia, è intonata all'ambiente e alla strada deserta.
Una strada buia e una macchina veloce.
Seconda terza quarta.
Suffocation waking in a sweat
Scared to fall asleep again
In case the dream begins again
Someone chasing I cannot move

Molto meglio.
Quella strada laggiù a sinistra, sì è per forza quella. Non ho bisogno di un TomTom, lo so, la macchina lo sa, o forse è la notte stessa che mi guida. Freni sterzo acceleratore. La Lotus è un guanto di alluminio e carbonio che scivola come velluto su una strada sinuosa come pelle di donna. Non scivolerò su queste curve.
Can I play with madness?
Ancora a sinistra, sì, in fondo a sinistra. A cosa serve sapere la strada quando è lei che ti porta? Sinistra. Destra sinistra. Sbaglio.
Living on a razors edge.
Balancing on a ledge.
Living on a razors edge.

Lungo sono lungo. Troppo veloce. Freno.
No, non è un'auto che sottosterza questa. Imbarda forse, morde e graffia magari, ma le curve le accarezza. Ed è solo uno scuotimento quello che avverto mentre il felino incollato alla strada non ha minimamente sofferto il cambio di traiettoria. terza quarta quinta.
Here they stand brothers them all
All the sons divided they'd fall
Here await the birth of the son
The seventh, the heavenly, the chosen one.

Nessuno prima, nessuno dopo, buio e curve. Qualcuno arriva e chiede strada, si incolla.
No, ti prego.
Non rompere un'alchimia con la volgarità di chi chiede una prova virile: io guido, non gareggio, non con te, non con la tua BMW. Corri via. Passa via!
Sterzo. Quella laterale sembra proprio fatta per me, quindi dev'essere quella giusta.
There's a time to live and a time to die
When it's time to meet the maker
There's time to live but isn't it strange
That as soon as you're born you're dying.

La strada mi conosce e mi porta a casa, la leva del cambio inusualmente a sinistra sembra muoversi da sola, le poche persone che incrociano questa campagna vedranno solo la scritta GT3 e una sottile scia arancione.
Non sbaglio una svolta anche se non so la strada. E la notte a indicare, io penso solo a guidare, circondato da alluminio e carbonio, da un guanto, da un felino, da una freccia.
Seven downward slopes
Seven bloodied hopes
Seven are your burning fires
Seven your desires.....

La tigre morde il freno, ma io sono arrivato... Lei è arrivata. E' ora di fermare la magia.

Salvo? Ci sei? Ti ho riportato l'Exige.
Il navigatore? Non mi è servito, me la cavo da solo

Le mie scarpe sono troppo strette

In questo angolo di campagna lombarda, tutto il tempo sembra scorrere più rilassato ed è facile guardarsi intorno, levar gli occhi dal tavolo e dai commensali e lasciar vagare lo sguardo attraverso il pergolato, fino alla strada non asfaltata e verso la torre, lassù sul colle. O semplicemente guardare gli altri avventori, ammiccare alle ragazze...
Due gambe, una gonna corta, un abito blu svolazzante. " carina... ma com'è giovane!" penso sorridendo... Ma poi lo sguardo sale oltre il vestitino e vedo un viso che mi guarda. E conosco quel visino.
Alice?
"Alice!"
"Tyreal!"
Lei mi aveva riconosciuto subito, ed io, imbecille, mi ero fermato alle gambe.
Alice, non puoi essere davvero tu! Aliciotta, bambinetta di poco più di dicei anni che mi rubava i gianduiotti e che voleva gli aeroplanini di carta di forme sempre diverse, Alice che saltellava intorno ad un me ventenne e noncurante, che aveva occhi solo per un'altra persona.
"Alice... sei... cresciuta!" (e sei bellissima).
Un sorriso, un sorriso pieno dei suoi vent'anni, di una bellezza semplice ma disarmante, gli occhi luminosissimi, la gioia personificata.
Ci abbracciamo e parliamo. Cosa mi sono perso, Alice? Il liceo, il diploma, l'università. Veterinaria? Ma dai? E quanto ti manca?
Un torrente in piena di entusiasmo.
Mi guardo in giro.
"E... tua sorella... è qui?"
Capisce.
"No, è a casa. Ha una bambina adesso, non lo sapevi? No? Ma perché non vi siete più sentiti? Non eravate rimasti amici?"
Alice, Alice, cosa vuoi che ti racconti? Tu eri piccola, ed eravamo piccoli anche noi. Cosa vuoi sapere? Della gelosia morbosa del suo attuale marito? Degli insulti e delle mezze parole? Ma no dai, è passata un'era geologica. Basta un frase di circostanza, sicuro che il suo ménage familiare sia la cosa che ora la rende felice, anche se non dipinge più, perché è un mestiere poco redditizio, a sentire il suo uomo.
Parlami di te, Alice.
Il torrente in piena mi avvolge ed è un misto di presente e passato che quasi mi schiaccia. Un profumo: un profumo quasi indefinibile di vaniglia, un profumo che devo aver sentito tanto tempo fa e di botto capisco, mi ricordo! Questo ero io!
Questa luce, questo entusiasmo, questa gioia nel vivere un'avventura... Si, c'erano! Io me li ricordo, li avevo anch'io! Dove li ho persi? dove li ho dimenticati?
"Le mie scarpe sono troppo strette", direbbe il vecchio, piangendo, "ma non m'importa, perché non mi ricordo più come si fa a ballare"
Non so se Alice percepisca, ma è uno splendore, sembra letteralmente illuminarsi, specialmente negli occhi neri neri. Passeggiamo lungo la stradina, godendo dell'aria primaverile di questo strano autunno e mi disseto da una certa temeraria insicurezza di una giovinetta che sta per conquistare il mondo solo sorridendogli. Cinque minuti fa ero al tavolo con persone poco più vecchie di me a parlare di futuro, di conti, di matrimonio, figli, auto e case. Prima erano i soliti discorsi a cui sono assuefatto. Adesso sono distanti anni luce, mi sembrano ancora sbagliati, mentre percepisco un'affinità nel modo di affrontare l'ignoto di Alice.

Di ritorno, solo, da questo curioso pomeriggio, mi ritrovo su una strada serpeggiante per la campagna, senza anima viva per centinaia di metri tutto intorno a me. Solo, due curve, nessuno in vista.
Perché no?
Affondo l'acceleratore, freno con decisione, butto dentro il muso, correggo e con un tocco di freno esco driftando dalla doppia curva, in diagonale con le ruote controsterzate. E rido come un deficiente.
Perché sono scemo, lo so, ma ho scoperto che qui dentro, da qualche parte, mi ricordo ancora come si fa a ballare.

Passo Carràààààbbile!!!!

Attenzione: nel seguente blog ci sono parolacce. Non tante, ma ci sono.
Cesare vive in un film.
Si, lui è convinto che il mondo sia un po' il suo palcoscenico personale, dal quale non scende mai, e si comporta sempre come se fosse sotto l'occhio di una cinepresa. Non ti dice "ciao", piuttosto ammicca "ehi, come ti butta?"... Una volta credo di avergli sentito profferire la frase "Chiudi il becco" in un impeto di stizza. Non ne sono sicuro, ma non mi stupirei se l'avesse fatto. Orbene, Cesare è artista non solo a parole ma di fatto, vivendo in un suo stile bohémièn fatto di ritardi, disordine e una certa qual gioiosa confusione generale. Insomma, quando accompagno Cesare da qualche parte si può star sicuri che l'aneddoto è dietro l'angolo, e stavolta l'ho preso proprio in faccia.
Capita dunque che mi ritrovi sulla sua pittoresca Clio nelle vie della Metropoli parlando del più e del meno e sospirando ad ogni manovra equilibrista tra i sensi più o meno unici (perché la strada ha le sue regole, ma quelle di Cesare sono più duttili), mentre il pilota creativo fuma, risponde al telefono, apre negoziati con gli altri utenti della strada e, a tempo perso, guida.
Dopo innumerevoli svolte sbagliate (perché le cartine stradali hanno le loro regole, ma quelle di Cesare sono più restrittive) arriviamo a destinazione ma, come è consueto nella nostra città, non c'è parcheggio.
Niente paura, Cesare butta l'auto davanti ad un cancello e mi chiede di aspettarlo mentre va a fare le sue commissioni. Sto per replicare che proprio dietro di noi, un mastodonte nero con gomme da schiacciasassi e minaccioso marchio teutonico deve entrare proprio in quel cancello, quando vedo con orrore che Cesare sta scendendo dall'auto e con piglio da Clint Eastwood mi dice "spostala", mentre si avvia con totale noncuranza verso il lato opposto della strada.
Il TurboSUV nero qui dietro suona il clacson.
Esco di corsa, faccio il giro dell'auto e mi metto alla guida... Che è a misura di Cesare, quindi con sedile appiccicato al parabrezza.
Mi incastro alla guida, accendo la vettura, metto la retro...
Metto la retro... metto la retro... metto la retro.
Ma allora entra o no sta stracazzo di retro?
Il MegaturboSUV nero ri-suona il clacson.
Terrore. Ho un flashback: due mesi prima, Cesare che mi dice qualcosa a proposito della sua auto... della retro che non entra...
Bestemmio. Non lo faccio mai, ma questa volta si.
Si apre la portiera del TurboMegaCruccoSUV ed esce una donna.
Bionda. Bella. Inguainata in un tubino nero con spacco laterale e acconciata come Veronica Lake. 35 anni, non di più.
Urla.
Voce stridula, una rasoiata su una lavagna, un'ira seconda solo a quella funesta di achilliana memoria.
"E' un passo carààààbbile non si è accorto che è un passo carààààbbile! Ma non lo vede? Ma è deficiente? E' un passo carààààbbile!"
Cosa le dico? COSA CAZZO LE DICO?
"Signora.. la retro... quell'idiota..."
"E' un passo carààààbbile! Ma io dico! Ma non lo vede? MA allora chiamo i vigili! E' un passo carààààbbile!"
E' paonazza, fra poco esplode lì e rimane soltanto il tubino. Invece se ne va, sempre urlando "E' un passo carààààbbile!" e rientra sul suo IperMegaTurboSUV (col FAP).
Esasperato metto in folle e scendo.
E spingo.
E spingo quella cazzo di Clio butterata da urti e ruggine e impreco verso Cesare e verso l'intubinata.
Stronzo...Puttana...Stronzo...Puttana... a denti stretti per mascherare il labiale.
Al trentesimo "stronzo" ho liberato l'accesso al passo carààààbbile!", ma c'è la fila di veicoli che vuol passare e io blocco la strada.
Al cinquantesimo "puttana" getto la vettura davanti ad un altro cancello, riproponendomi di mollarla lì e scappare.
Poi, rimessa la testa a posto mi sfogo sulla leva del cambio, che entra al primo colpo in retromarcia.
Tiro un calcio alla leva e la piego.
La suora che vede la scena mi fissa con terrore.
Cesare ariva dieci minuti dopo tranquillo e caracollante esordendo con un "todo bien?".
Non sapendo se colpirlo allo stomaco, percuoterlo col paraurti della sua Clio o semplicemente investirlo, mi limito a sospirare.
"ah, non ti ho detto che non funziona la retro"
Come non detto, il pugno nello stomaco andava bene.

Stica!

Nell'ambito di una migliore comprensione interculturale, parleremo oggi del termine Sticazzi.
Nato nel Lazio, il termine cambia radicalmente significato oltre il Po: l'hinterland milanese, ha infatti stravolto la vera essenza dello Sticazzi intendendolo come un "accidenti", "perbacco", perdindirindina", quando il suo significato originario è completamente diverso.
Sticazzi, infatti non è assimilabile a me'cojoni e non è assolutamente indice di ammirazione, ma anzi rappresenta una pura presa per il culo.
Questo muro linguistico ha causato numerose faide tra milanesi e romani per via della diversa interpretazione data (in pereftta buon fede) allo Sticazzi.
Quando un milanese vi dice Sticazzi lo fa perché è sorpreso/ammirato da quello che gli state dicendo (je state a 'ddi) e non sta a pijiarvi per culo
Quando un romano vi dice Sticazzi è troppo tardi: vuol dire che avete già detto una cazzata.
E sticazzi!

Novecento

«Tutta quella città... non se ne vedeva la fine...
La fine, per cortesia, si potrebbe vedere la fine?
E il rumore.
Su quella maledettissima scaletta... era molto bello, tutto... e io ero grande con quel cappotto, facevo il mio figurone, e non avevo dubbi, era garantito che sarei sceso, non c’era problema.
Col mio cappello blu.
Primo gradino, secondo gradino, terzo gradino...
Primo gradino, secondo gradino.
Non è quel che vidi che mi fermò.
È quel che non vidi.
Puoi capirlo, fratello?, è quel che non vidi... lo cercai ma non c’era, in tutta quella sterminata città c’era tutto tranne.
C’era tutto.
Ma non c’era una fine. Quel che non vidi è dove finiva tutto quello. La fine del mondo.
Ora tu pensa: un pianoforte. I tasti iniziano. I tasti finiscono. Tu sai che sono 88, su questo nessuno può fregarti. Non sono infiniti, loro. Tu, sei infinito, e dentro quei tasti, infinita è la musica che puoi fare.
Loro sono 88. Tu sei infinito. Questo a me piace. Questo lo si può vivere. Ma se tu.
Ma se io salgo su quella scaletta, e davanti a me si srotola una tastiera di milioni e miliardi
Milioni e miliardi di tasti, che non finiscono mai e questa è la vera verità, che non finiscono mai e quella tastiera è infinita.
Se quella tastiera è infinita non c’è musica che puoi suonare. Ti sei seduto su un seggiolino sbagliato: quello è il pianoforte su cui suona Dio.
Cristo, ma le vedevi le strade?
Anche solo le strade, ce n’era a migliaia, come fate voi laggiù a sceglierne una.
A scegliere una donna.
Una casa, una terra che sia la vostra, un paesaggio da guardare, un modo di.
Morire.
Tutto quel mondo.
Quel mondo addosso che nemmeno sai dove finisce.
E quanto ce n’è.
Non avete mai paura, voi, di finire in mille pezzi solo a pensarla, quell’enormità, solo a pensarla? A viverla...
Io sono nato su questa nave. E qui il mondo passava, ma a duemila persone per volta. E di desideri ce n’erano anche qui, ma non più di quelli che ci potevano stare tra una prua e una poppa. Suonavi la tua felicità, su una tastiera che non era infinita.
Io ho imparato così. La terra...quella è una nave troppo grande per me. È un viaggio troppo lungo. È una donna troppo bella. È un profumo troppo forte. È una musica che non so suonare. Perdonatemi. Ma io non scenderò.
Lasciatemi tornare indietro.
Per favore»

Le dimensioni... contano!

Ho scoperto che alcuni oggetti cambiano di dimensione come per magia. I televisori, per esempio.
Sono stato al centro commerciale per trovare un sostituto al mio 21 polici ormai moribondo e, dopo essermi perso tra le lucine sfavillanti, ho cominciato a cercare l'apparecchio che mi interessava.
Ecco, quello va bene! No, un momento... è un 32 pollici! Ah allora quello, che è più piccolo... No, è un 29... Ma dove li tengono quelli più piccoli?
Chiedo ad un commesso che mi indica (con sprezzo) un oggetto che lì dentro sembra grosso più o meno come un posacenere, uno schermettino da cellulare se confrontato al mostro Plasmatico da 42" che è proprio lì di fianco. Potrei mettermelo nello zaino, tanto è piccolo. Macché zaino, nel portafogli!
A casa, il minuscolo televisore è diventato grosso come un armadio.
Apri il cartone, estrai il polistirolo e ti accorgi che devi sgomberare la sala da tavoli e scrivanie, altrimenti il colosso catodico non ci sta! E' lo stesso di prima, non c'è dubbio, ma è grossissimo!!! E pesante! Il peso aumenta in base a quanti piani di scale devi fare per portarlo al suo posto. E' un teorema che mi varrà il nobel per la Pace, me lo sento.
Messo al suo posto, il CatodiColosso sebra voler schiacciare il mobile sotto il suo peso. Il lettore DVD è terrorizato (si vede dall'espressione); forse è quello il motivo per cui non si riesce più a collegerlo correttamente.
Già, perché quello che non si vede nei patinati depliant pubblicitari che fotografano elettrodomestici lucidi come la plancia dell'Enterprise, è la quantità immensa di cavi che si dipartono dal pannello posteriore e che, per una curiosa legge fisica (e in quanto tale ignorata e schifata dai designer) tendono a ruotare spontaneamente per avvitarsi e annodarsi in una sorta di amplesso elettronico. Dietro ad ogni TV-Color c'è una giungla di gomma e rame che cela chissà quale mistero sotto le sue spire. Siete avvisati.
In tutto questo bailamme ho scoperto che esiste un Punto Fermo: c'è una cosa che non cambia di dimensioni: è una costante universale, al pari di velocità della luce, gravitazione universale e attrazione donna-scarpa: L'IMBALLO.
L'imballo è sempre grosso uguale, sia che tu prenda un TomTom o una lavatrice ed ha delle dimensioni codificate dal sistema internazionale dei pesi e delle misure.
Un imballo è grande come un monolocale, sempre.
Al massimo varia di qualche millimetro in lunghezza e larghezza, ma per far entrare un imballo nel bagagliaio della 147 non esiste altro metodo che segare via il tetto. Della 147, non del monolocale.