11 dicembre 2007

Le mie scarpe sono troppo strette

In questo angolo di campagna lombarda, tutto il tempo sembra scorrere più rilassato ed è facile guardarsi intorno, levar gli occhi dal tavolo e dai commensali e lasciar vagare lo sguardo attraverso il pergolato, fino alla strada non asfaltata e verso la torre, lassù sul colle. O semplicemente guardare gli altri avventori, ammiccare alle ragazze...
Due gambe, una gonna corta, un abito blu svolazzante. " carina... ma com'è giovane!" penso sorridendo... Ma poi lo sguardo sale oltre il vestitino e vedo un viso che mi guarda. E conosco quel visino.
Alice?
"Alice!"
"Tyreal!"
Lei mi aveva riconosciuto subito, ed io, imbecille, mi ero fermato alle gambe.
Alice, non puoi essere davvero tu! Aliciotta, bambinetta di poco più di dicei anni che mi rubava i gianduiotti e che voleva gli aeroplanini di carta di forme sempre diverse, Alice che saltellava intorno ad un me ventenne e noncurante, che aveva occhi solo per un'altra persona.
"Alice... sei... cresciuta!" (e sei bellissima).
Un sorriso, un sorriso pieno dei suoi vent'anni, di una bellezza semplice ma disarmante, gli occhi luminosissimi, la gioia personificata.
Ci abbracciamo e parliamo. Cosa mi sono perso, Alice? Il liceo, il diploma, l'università. Veterinaria? Ma dai? E quanto ti manca?
Un torrente in piena di entusiasmo.
Mi guardo in giro.
"E... tua sorella... è qui?"
Capisce.
"No, è a casa. Ha una bambina adesso, non lo sapevi? No? Ma perché non vi siete più sentiti? Non eravate rimasti amici?"
Alice, Alice, cosa vuoi che ti racconti? Tu eri piccola, ed eravamo piccoli anche noi. Cosa vuoi sapere? Della gelosia morbosa del suo attuale marito? Degli insulti e delle mezze parole? Ma no dai, è passata un'era geologica. Basta un frase di circostanza, sicuro che il suo ménage familiare sia la cosa che ora la rende felice, anche se non dipinge più, perché è un mestiere poco redditizio, a sentire il suo uomo.
Parlami di te, Alice.
Il torrente in piena mi avvolge ed è un misto di presente e passato che quasi mi schiaccia. Un profumo: un profumo quasi indefinibile di vaniglia, un profumo che devo aver sentito tanto tempo fa e di botto capisco, mi ricordo! Questo ero io!
Questa luce, questo entusiasmo, questa gioia nel vivere un'avventura... Si, c'erano! Io me li ricordo, li avevo anch'io! Dove li ho persi? dove li ho dimenticati?
"Le mie scarpe sono troppo strette", direbbe il vecchio, piangendo, "ma non m'importa, perché non mi ricordo più come si fa a ballare"
Non so se Alice percepisca, ma è uno splendore, sembra letteralmente illuminarsi, specialmente negli occhi neri neri. Passeggiamo lungo la stradina, godendo dell'aria primaverile di questo strano autunno e mi disseto da una certa temeraria insicurezza di una giovinetta che sta per conquistare il mondo solo sorridendogli. Cinque minuti fa ero al tavolo con persone poco più vecchie di me a parlare di futuro, di conti, di matrimonio, figli, auto e case. Prima erano i soliti discorsi a cui sono assuefatto. Adesso sono distanti anni luce, mi sembrano ancora sbagliati, mentre percepisco un'affinità nel modo di affrontare l'ignoto di Alice.

Di ritorno, solo, da questo curioso pomeriggio, mi ritrovo su una strada serpeggiante per la campagna, senza anima viva per centinaia di metri tutto intorno a me. Solo, due curve, nessuno in vista.
Perché no?
Affondo l'acceleratore, freno con decisione, butto dentro il muso, correggo e con un tocco di freno esco driftando dalla doppia curva, in diagonale con le ruote controsterzate. E rido come un deficiente.
Perché sono scemo, lo so, ma ho scoperto che qui dentro, da qualche parte, mi ricordo ancora come si fa a ballare.

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