4 settembre 2009

(Giappone) 10 - T'amo pio Kobe

26/06
Ultimo giorno a Kyoto!
Il tempo sembra propizio e lo spendiamo nel giro del castello Nijo-jo, voluto dallo Shogun come difesa per il palazzo dell’Imperatore.
Tolte le scarpe, come vuole il rituale, scivoliamo all’interno dei corridoi in legno scuro, legno che scricchiola imitando il canto degli usignoli, espediente voluto dal castellano per cogliere sul fatto eventuali intrusi avvicinatisi di soppiatto; schiviamo numerose scolaresche, tutte rigorosamente in fila, e ammiriamo le decorazioni, i disegni, le ricostruzioni delle scene di vita nelle varie sale, ampie ed essenziali, più votate allo spazio puro e semplice che non all’opulenza.
Dopo la rapida visita alle stanze interne, ci dedichiamo ai giardini curatissimi; il sole è a picco e sovente facciamo soste-bevuta, tanto per confermare uno dei tormentoni della vacanza, ovvero la ricerca della bibita più strana fornita dall’onnipresente distributore automatico. Il castello è un complesso di più edifici, tra i quali si snodano sentieri e laghetti, oggi sede di diverse mostre sull’epoca dello shogunato.
Terminata la visita al palazzo, facciamo capolino in un piccolo negozio che vende katana: alcune sono artigianali, realizzate con l’antica tecnica dell’acciaio ripiegato su se stesso più volte… I costi sono elevati, ma gli oggetti hanno indubbio fascino, inoltre il gestore è molto cordiale e simpatico e non ha problemi a prodigarsi in spiegazioni sui vari simboli delle incisioni e sulle modalità di realizzazione, tanto che passiamo nel bugigattolo una buona mezz’ora prima di dirigerci verso periferia sud della città.
Il museo dei treni a vapore è nella vecchia stazione, quasi interamente immersa in un parco un po’ squallido all’ombra della linea Shinkansen. Certo, lo squallore è da rapportarsi allo standard giapponese: anche se sembra di essere in un normale giardinetto di provincia, rimangono zone come quella in cui si può praticare liberamente l’ikebana o piantare fiori in vasi messi a disposizione di chiunque! Un po’ discosto dalla zona al limitare delle case, troviamo un vivaio: è un posto bellissimo, coperto da semplici intrecci in legno e tutto strutturato intorno a specchi d’acqua che formano torrenti e cascatelle… La pace che vi regna sembra voler convincere il visitatore a restare lì per ore… Ci sono alcuni inservienti discreti e silenziosissimi che curano i dettagli, alcuni vestiti come i contadini tradizionali, con l’ampio cappello a cono, intenti a curare le piante al limitare dei laghetti. Nessuno ci disturba, nessuno ci fa domande: si può restare quanto si vuole in perfetta serenità… e poche decine di metri più in là sta passando un treno proiettile a centinaia di chilometri all’ora. E’ il Giappone. E’ così.
Arriviamo dunque al museo e ci gustiamo dapprima la parte “didattica”, con teche, foto, modellini ed un pezzo di locomotiva in cui salire e testare i vari comandi, accompagnati dalle registrazioni dei rumori del caso, poi usciamo dalla sala principale e andiamo nella rimessa, in cui, a raggiera, sono disposte una dozzina di locomotive storiche, compresa quella del treno imperiale, invero non molto diversa dalle altre se non per qualche decorazione dorata.
Tutti i treni sono visitabili: una passerella collega le cabine di guida le une alle altre e consente di vedere ogni singolo abitacolo senza mai scendere e risalire dalle scalette. Nello spazio retrostante trovano posto plastici con trenini e stazioni, funzionanti semplicemente azionando un pulsante, e uno spazio-divertimenti corredato da numerosi giocattoli ad uso e consumo dei bambini (e di Max!).
Ma il pezzo forte del museo è il giro sul treno a vapore! Oddio, definirlo giro è un po’ eccessivo, visto che saranno poche centinaia di metri avanti e indietro, peraltro funestati da una canzoncina per bambini ripetuta in modo ossessivo… Però la cosa è ugualmente divertente, senza contare il meccanismo rotante che mette sul binario giusto la locomotiva e il sibilo del vapore che rendono il possente macchinario carico di un fascino indescrivibile. Merito anche del macchinista un po’ pazzo, a dirla tutta.
La sera la passiamo a Kobe, sempre grazie al biglietto JR, dove abbiamo modo di apprezzare il futuristico skyline, la zona del porto piena di negozietti su passerelle in legno (che a volte celano modernissime scale mobili), la ruota panoramica, solita trappola per turisti, e infine il famoso manzo di Kobe.
Questa leggendaria carne proviene da buoi allevati secondo precise metodologie: addirittura per ottenere una carne impareggiabile, l’animale viene massaggiato ripetutamente e nutrito saltuariamente con birra.
Ora… sicuramente è una carne ottima, niente da dire. Sono arciconvinto che qui rappresenti il non-plus-ultra della produzione bovina… Ma stiamo parlando di un paese in cui fino a 50 anni fa il consumo di carne di quadrupede era proibito. Lascerei volentieri il mestiere di allevatori ai contadini della Toscana, se fossi un abitante di Kobe. Ma tant’è: mangiamo un ottimo manzo a un prezzo semplicemente stratosferico rispetto a qualsiasi standard sano di mente, complice il fatto che viene servito solo in locali estremamente “fighetti” e la prendiamo con filosofia, consci di aver comunque saggiato con mano un’altra specialità tipicissima.

E giunge il momento di tornare a Tokyo e, da lì, a casa.
Siamo in partenza ora.
Sono le sette del mattino di lunedi e questi ultimi due giorni sono volati via a velocità ipersonica. Abbiamo fatto shopping, preso gli ultimi souvenir, visitato gli ultimi scorci nei labirintici vicoli di Akihabara e Harajuku e… mi sono preso una fotocamera! La mia prima reflex digitale, che emozione!
E in dodici ore di volo su uno scomodissimo 777 dell’Alitalia ripenso con infinita nostalgia a cosa mi sono appena lasciato alle spalle. Mi sono innamorato di un paese intero, tanto diverso e nel contempo tanto uguale al nostro. Mi sono emozionato come non mi accadeva da quando ero bambino di fronte a vere meraviglie, ma anche di fronte a quelle che per molti possono essere sciocchezze… Mi chiedo come farò a raccontare tutto quello che ho visto a chi me lo chiedera, e rivedo il diario di viaggio che sto scrivendo ora… è un romanzo!!! (la qui presente copia digitale è una trascrizione di un diario di viaggio che ho scritto giorno per giorno mentre ero là, peraltro piuttosto tagliata, perché avevo scritto DAVVERO un romanzo; ndT).
Mi passano davanti le immagini di tutto quello che ho omesso per semplice dimenticanza: l’incontro in metropolitana con Ray Misterio, la celebrazione di Michael Jackson, venuto a mancare mentre ero a Tokyo, in tutte le vie dotate di un altoparlante, gli sguardi più o meno divertiti delle ragazzine di fronte a noi giganti gaijin, Gli occhi di Geri che brillano di allegria, il furioso rito di stivaggio del bagaglio cercando di stare nel limite di peso consentito dalla compagnia aerea, La receptionist dell’Asia Hotel che io chiamavo amichevolmente Marzia non senza ricevere ogni volta un sorriso in cambio, la meraviglia nel sentire che eravamo italiani, che mia madre è di Venezia, che ho parenti a Roma… persino il fatto che guido un’Alfa Romeo!
Portiamo in valigia chili di ricordi.
Abbiamo lasciato là una tonnellata di sentimenti.

1 commento:

calendula ha detto...

e proprio questo il bello dei viaggi... i sentimenti mentre arrivi, mentre vivi nel posto che visiti e quelli contrastanti mentre torni a casa...