25 agosto 2009

(Giappone) 8 - For we who grew up tall and proud in the shadow of the mushroom cloud

24/06
Oggi optiamo per una gita molto fuori porta, e prendiamo l’ ormai consueto treno shinkansen per Hiroshima, non prima di aver fatto colazione in un impeccabile caffè degno di nota per l’eleganza dell’ambiente e del personale. E il caffè? no, quello è la solita brodaglia.
Hiroshima, si dicveva.
La tratta è piuttosto lunga e, dopo due orette di viaggio, scendiamo dal treno insieme a molti altri turisti diretti al Peace Memorial Park, tra cui una simpatica famgliola inglese con due deliziose figlie al seguito; il saper leggere correttamente le cartine ci investe subito dell’aura di “condottieri” , per cui portiamo tutto il gruppetto alla corretta fermata del tram… ma da buoni condottieri vecchio stampo, noi pensiamo bene di proseguire a piedi, dopotutto si tratta di percorrere solo un paio di chilometri.

Arriviamo senza problemi, tra l’altro quasi contemporaneamente agli inglesi, e per prima cosa vediamo il Dome, palazzo devastato dalla bomba, ma rimasto quasi interamente in piedi per via del curioso effetto che un’esplosione del genere provoca immediatamente al di sotto di essa.
La bomba denominata Little Boy è esplosa qui sopra, a poche centinaia di metri, e sotto di sé ha proiettato un cono di calore terribile; tutto intorno ha sventrato ogni cosa con onde d’urto fortissime, ma qui si è diffuso soltanto il calore, permettendo ai muri di restare in piedi, ma lasciando più che altro una ragnatela di strutture distorte e scheletriche… Foto e descrizioni possono dare un’idea, ma il vederlo dal vivo è un impatto.
Visitiamo l’area del parco, il cenotafio e il museo della guerra… L’atmosfera sacrale pervade tutto quanto e la lucidità con cui tutto è spiegato e mostrato, documentando cosa accadeva subito prima e subito dopo l’esplosione, lascia un certo senso di inquietudine. Non è un film, è successo davvero.
Ed eccola lì, la città, nel plastico proprio all’ingresso del museo. I riferimenti sono più o meno quelli che abbiamo visto dal vivo, camminandoci in mezzo: l'asse principale, la ferrovia, il fiume, i ponti…
Poi il plastico accanto, l'istante successivo all'ora X.
Niente.
NIENTE!
TUTTA la città che ci eravamo appena lasciati indietro in un'ora e più di cammino, TUTTE quelle vie e case.
NIENTE!
Non ci si rende conto... Penso alla mia città, poco più piccola di questa, penso di percorrerla da un capo all’altro, penso a tutte le vie e alle case.
NIENTE!
Mi ha sconvolto più quello che tutto il resto dell'esposizione, che comunque non risparmiava certo immagini forti e reali di quanto successe. Concettualmente riusciamo a capirlo, ma darsi un'idea vedendo le dimensioni e la portata di tutto... no, astrattamente non lo si riesce a capire. Riusciamo a capire i numeri, le vittime, i chilometri... ma sempre dal punto di vista analitico. La ragione di fronte a cose del genere semplicemente si arrende, cerca di razionalizzare, ma non ce la fa: possiamo concepire qualcosa di limitato… metri, decine… già le centinaia non sono facili da inquadrare mentalmente… Qui si tratta di decine di migliaia di morti, di chilometri quadrati di macerie, senza che niente, NIENTE sia rimasto intero.
Vedere dal vivo quanto è stata estesa l'area della distruzione... no, nulla mi ci aveva preparato.
Un susseguirsi di momenti terribili e toccanti, sia al museo con le sue lucide ed aghiaccianti ricostruzioni di quanto successe dopo la bomba, sia nel parco, dove all’ombra, con discrezione, si trova il monumento a Sadako, circondato dalle gru di carta fatte dai visitatori.
Secondo un’antica leggenda, chiunque riesca a realizzare mille gru di carta con la tecnica dell’origami, ha diritto a un desiderio. Sadako Sasaki, ancora bambina, si rifugiò in questa leggenda per combattere la lucemia che la colpì improvvisamente a nove anni dalla tragedia, e si dedicò a realizzare le sue mille gru.
Non fece in tempo.
Da quel giorno, al suo mausoleo, visitatori da tutte le parti del mondo lasciano una gru di carta in ricordo di quel giorno.

Dopo una mattinata del genere, abbiamo bisogno di rinfrancare lo spirito e decidiamo così di ripegare verso la vicina Miyajima, forti del nostro JR Pass e della gentilezza estrema di tutti gli impiegati delle stazioni.
Sull’isola di Myiajima si trova il famoso tempio di Itsukushima, circondato dall’acqua e accessibile con la bassa marea, ma non solo: nel parco dell’isola vivono cervi tranquilli e socievoli, che non hanno certo paura di avvicinarsi alla gente, anzi…
Max litiga con l’unico cervo malmostoso: motivo del contendere un opuscolo in carta di cui il cervo sembra goloso e Max geloso.
Vince il cervo.
Il Torii del tempio di Itsukushima è semplicemente spettacolare! Arriviamo con la marea agli sgoccioli e riusciamo a toccarlo con mano, contemplandone la maestosità, tra torrentelli di acqua di mare che sfuggono via e granchietti che zampettano qui e là. Abbiamo persino modo di assistere ad una ripresa televisiva durante la quale un comico locale fa una scenetta molto vivace, non prima di aver permesso a tutto lo staff di… fotografarci?!? Mah, forse siamo finiti su Miyajima TV… non lo sapremo mai!
Durante la visita al complesso dei templi incontriamo due simpatiche ragazze che fanno un pezzo di strada con noi: ci salutano, ridono, ci risalutano, ridono, si fanno fotografare, ci salutano di nuovo… è divertente!
Facciamo una gran bella passeggiata tra gi alberi, scopriamo scorci interessanti… ma è già ora di prendere il traghetto di ritorno e di muoverci verso casa-base. Le ragazze ci accompagnano fino ad Hiroshima, poi ci separiamo.
Dopo qualche cambio di mezzi, rieccoci a Kyoto, dove, barcollanti per la fame, ceniamo nel primo posto che capita: una fast food alla giapponese, very fast e molto food, in cui si mangia benissimo! Consumati due menu completi a testa (!), ci incamminiamo verso l’hotel.
E camminiamo.
E camminiamo.
Un momento… Come mai quella è la fermata 13?, Non dovremmo essere alla 8?
No eh…
Nooooo… Siamo andati dalla parte sbagliata!!!
Esausti, prendiamo l’ultimissimo convoglio della metro, quello delle 23.30. E’ fatta!

3 commenti:

calendula ha detto...

hai avuto un bel fegato ad andare ad Hiroshima.. io non sarei in grado, penso che non riuscirei a guardare tutta la devastazione causata dalla bomba..io ancora mi stupisco grandemente della crudeltà umana, non me ne capacito, fatico a ragionare razionalmente quando si tratta di nefandezze simili.

Tyreal ha detto...

Attualmente Hiroshima è una bellissima città, viva e vivace: è stata bonificata e ricostruita a tempo di record grazie al proverbiale zelo nipponico. Le cicatrici sono rimaste, e io credo sia giusto che le nuove generazioni le vedano e imparino dagli errori del passato.

Samara ha detto...

Hiroshima ormai e' una citta' nuova, viva e moderna... poi pero' fai un giro e mentre visiti il castello (ricostruito) ti imbatti in due alberi: gli unici superstiti viventi di un disastro nucleare senza precedenti! di tutto quello che ho visto in Giappone (e non solo) quella e' stata la cosa piu' sconvolgente