Odaiba è quasi totalmente un complesso di isole artificiali, tuttora in espansione, caratterizzato da skykine futuristico e ampi spazi a più livelli per auto, treni e pedoni. Il modo in cui Tokyo si sta avviando a diventare una città multilivello, con sopraelevate, terrazze, grattacieli a diverse sezioni è molto evidente in questo quartiere, modernissimo e decisamente accattivante. Curioso pensare che siamo in un luogo profondamente legato alla tradizione e alla storia: in questa stessa baia, su due isolette, erano poggiate le batterie di cannoni (“daiba”, per l’appunto) che difendevano la città nel tardo periodo Edo, epoca d’oro dello shogunato Tokugawa. Le isole originarie ci sono ancora, ma molto è cambiato, basti pensare che il posto di uno degli antichi cannoni è oggi presa da una copia in scala della Statua della Libertà newyorchese, voltata però verso la città.
Paola ci rende edotti sull’architettura dei palazzi che andremo ad incontrare, a partire dal Tokyo Big sight, centro congressi polifunzionale dall’aspetto quasi inquietante, con le sue quattro piramidi rovesciate (!) e la struttura squadrata capace di ospitare fiere ed eventi, oltre ad offrire una buona visuale di tutta la baia, per arrivare al k-museum (purtroppo chiuso), curiosissimo edificio sviluppato in orizzontale dalla forma particolare ed elaboratissima, frutto della penna e della mente di Watanabe, al museo della scienza marittima, sottolineato da immagini e linee ondulate sulle pareti a ricordare il moto ondoso, al palazzo della Fuji TV, ad opera di Kenzo Tange, in cui due grosse sezioni sono collegate da corridoi che paiono sospesi e nella cui struttura è incastonata una gigantesca sfera-osservatorio.
Ma noi siamo lì per uno scopo.
Salutata Paola, ci spostiamo con la sopraelevata proprio accanto al palazzo della Fuji TV per ammirae la magnifica, gigantesca, dettagliatissima ed emozionante riproduzione a grandezza “reale” del Gundam RX-78.
Un robot gigante, alto trenta metri, con tutti i dettagli del caso (non mancano le indicazioni “caution” nelle sezioni in cui si dovrebbero aprire portelli o accanto alle sezioni armi e motori, esattamente come accade negli aerei da caccia) che si staglia contro i grattacieli della baia.
Da restare senza fiato.
Ma c’è poco tempo! Hitomi e Geri ci aspettano a Roppongi e da lì andremo tutto insieme al museo Ghibli di Mitaka.
O almeno così crediamo…
A causa di un intoppo, il rendez-vous salta e l’unico modo che abbiamo per salutare le due amiche rimane il telefono… Poco male, a Mitaka andiamo da soli, senza troppi problemi con i frequenti cambi di linea (meno male che c’è la tessera PASMO, vero toccasana multifunzione!), né per trovare l’autobus giusto, segnalatoci da una persona anziana letteralmente illuminatasi nel sentire che stavamo andando al Ghibli Museum (Giburi).
Preso il Chihiro Bus, e chi sa di cosa sto parlando coglierà la citazione, percorriamo qualche stradina di questa bella cittadina di provincia e veniamo depositati di fronte al sospirato museo.
Una visita che riserva luci e ombre: a fronte di un’architettura perfetta per il luogo e alla ricostruzione da pelle d’oca dello studio di Miyazaki, resta un’esposizione piuttosto povera, in cui sembra che le uniche opere degne di nota siano Ponyo e Kiki Delivery Service, e forse Totoro. Che fine hanno fatto Porco Rosso, Howl’s castle, Sen to chihiro, Conan…? E non parliamo del negozio dei souvenir, vero monumento al cattivo gusto! L’unico ricordino davvero bello è lo stesso biglietto d’ingresso: tre fotogrammi di pellicola presi a caso da una delle tante opere animate del regista e, con mio sommo piacere, a me tocca “La città incantata”.
Certo, ci sono anche giochetti “interattivi” per bambini, con il classico plico di disegni che, sfogliato rapidamente, crea una semplice animazione, c’è il gattobus di peluche, sempre per i più piccoli, c’è il robot di Laputa, ovviamente immerso in un giardino… Ma è tutto accennato, lasciato lì quasi al caso…
Nel museo si può assistere ad una proiezione inedita, praticamente priva di dialoghi, quindi abbastanza comprensibile per tutti. E’ un filmato simpatico, di una ventina di minuti, con il classico tema, tanto caro all’autore, della città tentacolare e del ritorno alla natura, con il rispetto per tutti gli elementi e i “riti” della vita all’aria aperta… L’unico problema è dato dal fatto che è tutto troppo al di sotto degli altissimi standard a cui il maestro ci ha abituati.
Degno di nota resta il meraviglioso lavoro di ricostruzione dello studio del regista, con i suoi testi e le immagini di riferimento, tra cui spiccano spaccati originali della Caproni, foto di città del nord Europa, scenari di ogni tipo… La gità è tutto sommato piacevole, ma non la consiglierei ai non appassionati.
A cena restiamo a Mitaka, dove incappiamo in un ristorante molto tradizionale con specialità a noi quasi sconosciute. Ordiniamo un po’ a casaccio, con risultati alterni… alcune pietanze restano non identificate e con gusto particolare, altre, grigliate direttamente sulla rete in mezzo al tavolo, sono decisamente saporite. La ricorderemo come la cena meno appetitiosa del viaggio, e cerchiamo di stemperarla con una crepes a Shibuya, luogo in cui tutte le ragazze sono carine, siano esse gothic lolita, kogals o gànguro.
5 commenti:
Ma le foto che ci avevi promesso dove sono ?
Sai quanto è difficile immaginare gli scenari che ci racconti se non posti almeno qualche foto di riferimento per capitolo ?
Arrivano, arrivano...
Mi paleso un istante per complimentarmi per il tuo diario di viaggio. E' entusiasmante. Ogni giorno controllo sempre se ci sono nuovi aggiornamenti! Con l'aggiunta di qualche foto a margine delle annotazioni, poi, è ancora meglio.
Ciao
Ciao Q-rioso!
Eh, il diario procede, un po' a rilento ma procede.
bellissime immagini e bel post, per quanto riguarda gli incendi noi siamo al sicuro.... con il cuore infranto per tutti gli alberi perduti ma stiamo bene
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