20 gennaio 2011

Dialogo tra Belbo e Casaubon

Al mondo ci sono i cretini, gli imbecilli, gli stupidi e i matti”.
“Avanza qualcosa?”
"Si, noi due, per esempio. O almeno, non per offendere, io. Ma insomma, chiunque, a ben vedere, partecipa di una di queste categorie. Ciascuno di noi ogni tanto è cretino, imbecille, stupido o matto. Diciamo che la persona normale è quella che mescola in misura ragionevole tutte queste componenti, questi tipi ideali”. [...]
“Cos’è il genio, Einstein, per dire?”.
“Il genio è quello che fa giocare una componente in modo vertiginoso, nutrendola con le altre”. [...]
“Ma i matti?”
“Spero non abbia preso la mia teoria per oro colato. Non sto mettendo a posto l’universo. Sto dicendo cosa è un matto per una casa editrice. La teoria è ad hoc, va bene? [...] il cretino non parla neppure, sbava, è spastico. Si pianta il gelato in fronte, per mancanza di coordinamento. Entra nella porta girevole per il verso opposto”
“Come fa?”
“Lui ci riesce. Per questo è cretino. Non ci interessa, lo riconosci subito, e non viene nelle case editrici.

Lasciamolo li”
“Lasciamolo”
"Essere imbecille è più complesso. È un comportamento sociale. L'imbecille è quello che parla sempre fuori del bicchiere."
"In che senso?"
"Così." Puntò l'indice a picco fuori del suo bicchiere, indicando il banco. "Lui vuole parlare di quello che c'è nel bicchiere, ma com'è come non è, parla fuori. Se vuole, in termini comuni, è quello che fa la gaffe, che domanda come sta la sua bella signora al tipo che è stato appena abbandonato dalla moglie. Rendo l'idea?".
"Rende. Ne conosco."
"L'imbecille è molto richiesto, specie nelle occasioni mondane. Mette tutti in imbarazzo, ma poi offre occasioni di commento. Nella sua forma positiva, diventa diplomatico. Parla fuori del bicchiere quando la gaffe l'hanno fatta gli altri, fa deviare i discorsi. Ma non ci interessa, non è mai creativo, lavora di riporto, quindi non viene a offrire manoscritti nelle case editrici. L'imbecille non dice che il gatto abbaia, parla del gatto quando gli altri parlano del cane. Sbaglia le regole di conversazione e quando sbaglia bene è sublime. Credo che sia una razza in via di estinzione, è un portatore di virtù eminentemente borghesi. Ci vuole un salotto Verdurin, o addirittura casa Guermantes. Leggete ancora queste cose voi studenti?"
"Io sì."
"L'imbecille è Gioacchino Murat che passa in rassegna i suoi ufficiali e ne vede uno, decoratissimo, della Martinica. `Vous étes nègre?' gli domanda. E quello: `Oui mon général!' E Murat: `Bravo, bravo, continuez!' E via. Mi segue? […]”
“E lo stupido?”
“Ah. Lo stupido non sbaglia nel comportamento. Sbaglia nel ragionamento. E’ quello che dice che tutti i cani sono animali domestici e tutti i cani abbaiano, ma anche i gatti sono animali domestici e quindi abbaiano. Oppure che tutti gli ateniesi sono mortali, tutti gli abitanti del Pireo sono mortali, quindi tutti gli abitanti del Pireo sono ateniesi”
“Che è vero”
“Si, ma per caso. Lo stupido può anche dire una cosa giusta, ma per ragioni sbagliate”
"Si possono dire cose sbagliate, basta che le ragioni siano giuste”
“Perdio. Altrimenti perché faticare tanto ad essere animali razionali?”
“Tutte le grandi scimmie antropomorfe discendono da forme di vita inferiori, gli uomini discendono da forme di vita inferiori, quindi tutti gli uomini sono grandi scimmie antropomorfe”
“Abbastanza buona. Siamo già sulla soglia in cui lei sospetta che qualche cosa non quadri, ma ci vuole un certo lavoro per dimostrare cosa e perché. Lo stupido è insidiosissimo. L’imbecille lo riconosci subito (per non parlare del cretino), mentre lo stupido ragiona quasi come te, salvo uno scarto infinitesimale. E’ un maestro di paralogismi. Non c’è salvezza per il redattore editoriale, dovrebbe spendere un’eternità. Si pubblicano molti libri stupidi perché di primo acchito ci convincono. Il redattore editoriale non è tenuto a riconoscere lo stupido. Non lo fa l’accademia delle scienze, perché dovrebbe farlo l’editoria?”
“Non lo fa la filosofia. L’argomento ontologico di sant’Anselmo è stupido. Dio deve esistere perché posso pensarlo come l’essere che ha tutte le perfezioni, compresa l’esistenza. Confonde l’esistenza nel pensiero con l’esistenza nella realtà”
“Si, ma è stupida anche la confutazione di Gaunilone. Io posso pensare a un’isola nel mare anche se quest’isola non c’è. Confonde il pensiero contingente col pensiero del necessario”
“Una lotta tra stupidi”
“Certo, e Dio si diverte come un pazzo. Si è voluto impensabile solo per dimostrare che Anselmo e Gaunilone erano stupidi. Che scopo sublime per la creazione, che dico, per l’atto stesso in virtù del quale Dio si vuole. Tutto finalizzato alla denunzia della stupidità cosmica”
“Siamo circondati da stupidi”. “Non si scappa. Tutti sono stupidi, tranne lei e me. Anzi, non per offendere, tranne lei”
“Mi sa che c’entra la prova di Gödel”
“Non lo so, sono cretino. [...] Epimenide cretese dice che tutti i cretesi sono bugiardi. Se lo dice lui che è cretese, e i cretesi li conosce bene, è vero”
“Questo è stupido”
“San Paolo. Lettera a Tito. Ora questa: tutti coloro che pensano che Epimenide sia bugiardo non possono che fidarsi dei cretesi, ma i cretesi non si fidano dei cretesi, pertanto nessun cretese pensa che Epimenide sia bugiardo”. “Questo è stupido o no?”
“Veda lei. Le ho detto che è difficile individuare lo stupido. Uno stupido può prendere anche il premio Nobel”
“Mi lasci pensare .... Alcuni di coloro che non credono che Dio abbia creato il mondo in sette giorni non sono fondamentalisti, ma alcuni fondamentalisti credono che Dio abbia creato il mondo in sette giorni, pertanto nessuno che non creda che Dio abbia creato il mondo in sette giorni è fondamentalista. E’ stupido o no?”
“Dio mio – è il caso di dirlo ... Non saprei. Lei che dice?”
“Lo è in ogni caso, anche se fosse vero. Viola una delle leggi del sillogismo. Non si possono trarre conclusioni universali da due particolari”
“E se lo stupido fosse lei?”
“Sarei in buona e secolare compagnia”
“Eh si, la stupidità ci circonda. E forse per un sistema logico diverso dal nostro, la nostra stupidità è la loro saggezza. Tutta la storia della logica consiste ne definire una nozione accettabile di stupidità. Troppo immenso. Ogni grande pensatore è lo stupido di un altro”
“Il pensiero come forma coerente di stupidità”
“No. La stupidità di un pensiero è l’incoerenza di un altro pensiero”
“Profondo. Sono le due [...] e non siamo arrivati ai matti”. “Ci arrivo. Il matto lo riconosci subito. E’ uno stupido che non conosce i trucchi. Lo stupido la sua tesi cerca di dimostrarla, ha una logica sbilenca ma ce l’ha. Il matto invece non si preoccupa di avere una logica, procede per cortocircuiti. Tutto per lui dimostra tutto. Il matto ha un’idea fissa, e tutto quel che trova gli va bene per confermarla. Il matto lo riconosci dalla libertà che si prende nei confronti del dovere di prova, dalla disponibilità a trovare illuminazioni. E le parrà strano, ma il matto prima o poi tira fuori i Templari”
“Sempre?”. “Ci sono anche i matti senza Templari, ma quelli con i Templari sono i più insidiosi. All’inizio non li riconosci, sembra che parlino in modo normale, poi, di colpo ... [...]. Per essere la prima sera che smetto di bere, mi sento alterato. Dev’essere la crisi di astinenza. Tutto ciò che le ho detto, sino a quest’istante compreso, è falso”
 

(U.Eco, Il pendolo di Foucault, Bompiani, 1988).

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