15 giugno 2005

Ancora ombrelli

Non è che tutte le volte che prendo l’auto mi debba per forza succedere qualcosa, tuttavia vista la frequenza di disavventure automobilistiche ho deciso che opterò al più presto per una bici nuova, più che altro per mettere al riparo l’Alfa dai danni che il Fato, nei suoi disegni imperscrutabili, tenta di infliggere a più riprese.
Ordunque stavo tornando a casa sotto quella pioggerellina che confonde ogni velleità di usare correttamente il tergicristallo; per intenderci quella che, se la velocità della spazzola è bassa ti si allaga il vetro e non vedi niente, se invece la tacca del tergi è una posizione più su, la spazzola gratta il parabrezza con la delicatezza della carta vetrata. Stavo tornando a casa, dicevo, e mi divertivo a notare la colorata fauna della provincia denuclearizzata: il cowboy de’ no’ artri che per non bagnarsi non opta per il comunissimo e plebeo ombrello, ma per uno strepitoso cappello Stetson che sembra uscito dal Texas furente, insieme alla stupenda giacca frangiata; la massaia con bici a mano seppellita letteralmente di borse della spesa che arranca sotto la pioggia con la stessa volontà ferrea di mamma chioccia che torna a dar da nutrirsi ai suoi pulcini; il tabbozzo rigorosamente platinato e scooterizzato che romba con la peto-marmitta entusiasmando con le sue performance gli esemplari femminili della specie… Insomma gente comune, come in tutti i paesi. Beandomi del prossimo arrivo alla casuccia e pregustando un sontuoso gelato self-made-in-Tyreal, percorro l’ultima curva prima di entrare nella via in cui abito.
Qui è necessaria una divagazione: la mia via è a senso unico, e molto stretta; non bastasse questo, l’imbocco della strada è praticamente ad imbuto, per cui un’auto che ci si infila ne domina quasi totalmente l’estensione, a scapito di chiunque altro, pedoni compresi.
Comprenderete perciò come mai ho l’abitudine di percorrere quest’ultima curva prima dell’imbuto a passo di bradipo stanco: non è inusuale trovarsi di fronte all’improvviso un simpatico utente della strada in contromano (fenomeno particolarmente frequente nella mia zona!), con magari una flottiglia di motorini come scorta, o un paio di ciclisti in volata spinta, piuttosto che il gruppo folkloristico “Padania in festa” in formazione trasversale di marcia.
Oggi niente di tutto questo: solo una persona.
La curva è completa, sto procedendo con lentezza studiata quand’ecco che Ella appare: la mia Nemesi, Colei che si erge come baluardo nel centro della carreggiata.
Un donnone sulla sessantina, intabarrata come poche volte ho visto (piove, ma siamo comunque in giugno!), con lenti-fondo-di-bottiglia alla Ragionier Filini e un improbabile ombrello rosso ciliegia, enorme, che pare appena uscito da uno spettacolo delle Folies Bergères, ma così grande da essere ridicolo! E soprattutto ingovernabile, viste le acrobazie che la signora sta compiendo per cercare di chiuderlo… Acrobazie che la portano a deambulare in direzione assolutamente casuale, quasi un moto Browniano con questo cupolone impazzito che saltella per ogni dove. E infine la risoluzione! La sciura decide di chiuderlo e se lo para davanti, avanzando noncurante con la vista assolutamente coperta. Vedo il Gigante Rosso che caracolla nella mia direzione… Che fare? Clacson? No, come minimo mi si infartua qui davanti!
Opto per una dignitosa lenta retromarcia, così da spostarmi verso la parte più larga della strada, dove potrei aggirare comodamente l’ostacolo vivente… Ma chi mi conosce e mi legge sa che non è mai così facile: anche dopo la ritirata strategica, la signora non accenna a spostarsi dal lato della strada, ma anzi sembra puntare a me con maggior decisione… Finché con scatto felino e abile mossa chiude di colpo l’ombrello, brandendolo come Spada che Affonda…
STOKKK!!!
La stoccata del Gigante Rosso brandito dalla signora si arresta contro il fanale destro, con gran sbarramento d’occhi del sottoscritto e di chi, come me, sa quanto costa il fanale di una 147! La donna sembra rendersi improvvisamente conto di aver sfidato a ombrellate un’automobile e con gran spavento balza indietro con la bocca spalancata, esplodendo in chissà quali invettive. Io sono immobile in mezzo alla strada.
Investita da un sacro furore la vedo spostarsi adirata verso il finestrino e picchiare energicamente contro il vetro! Non faccio quasi in tempo ad abbassarlo che arriva una seconda pacca a mano aperta (ma chissà che male si sta facendo!!!). Non appena si apre uno spiraglio sento arrivare insulti a più non posso:
“Delinquente!!! Matto!!! O signur dei poveri morti! Lei è un delinquente! O poveri noi, Matto!!!”
“Signora, guardi che ero fermo!”
“Delinquente!!!”
KATAPANKKK!!!
Mi tira un ombrellata possente al finestrino semiaperto, un rumore da far rabbrividire ogni strutturista, e se ne va, continuando la sua cantilena di “O signur” e “varda là”.
Resto fermo in auto, frenando la voglia crescente di provare in quanti secondi un’Alfa 147 riesce a frantumare una signora in retromarcia.

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